Il commento non c’è e tutto finisce lì con
buona pace di ciascuno.
Quanto
alla scuola, va detto però che non è tempo di analisi e giudizi frettolosi:
siamo di fronte ad eruzioni vulcaniche dove terminologie importanti (“patto”, “comunità educante”…), sepolte
da tempo per la loro carica innovativa, si accostano a purtroppo già
tristemente collaudate scopiazzature esterofile (v. le “ tre I” di morattiana
memoria).
Di
certo non siamo di fronte a qualcosa a cui ormai eravamo abituati: rafferme riforme somministrate
in dosi omeopatiche in corso d’anno scolastico, alla chetichella, spesso con
decreti contradditori, ma sempre col risultato dell’impoverimento di quanto, come la scuola e i servizi sociosanitari, non
veniva considerato una risorsa da riorganizzare e potenziare, ma un costo da
ridurre.
Che cosa ci
aspetta nei fatti pochi lo intravedono, mentre abbondano gli specialisti del “precommento” o del commento di
nonsocosa.
Purtroppo
molti ottimi giornalisti, da opinionisti
stanchi, rispondono al quadro tracciato da Marino.
A che
cosa porta questo mero fotografare il peggio? Lo si capisce dallo stesso
scritto di Contardo Marino da circa metà in poi; scritto che, per stare alla
sua logica, rari” sfigati”avranno letto e subito rimosso, senza lasciare
fortunatamente traccia nei commenti: gli unici che l’hanno capito…
Niente commento
dunque, solo una speranza malata ma non
morta: l’auspicio che si abbandonino le analisi col capo coperto di cenere,
simili più ad autoanalisi freudiane che ad esercizi di intelligenza critica
costruttiva.
Il primo segnale
di vera riforma sarebbe che si
alimentassero approfondimenti e proposte.
Approfondimenti
e proposte possono essere frutto solo di un lavoro collaborante, mosso dalla
volontà di risolvere problemi, realizzando la scuola come punto d’incontro tra
docenti, alunni e genitori.
Sarebbe la
svolta rispetto all’abitudine di limitarsi a essere spettatori dello
sfacelo, dando enfasi al negativo che non si fatica mai a trovare.
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