martedì 4 marzo 2014

Scuola statale SI, scuola statale NO, trova la differenza


Alberto Manzi
Non esiste la scuola pubblica e la scuola privata ma solo la scuola pubblica, che può essere statale e paritaria”.
 “La libertà di scelta educativa  è un principio europeo (…) Quello del pubblico è un servizio fondamentale,  ma scuole statali e paritarie devono avere uguali diritti”.  

Inviterei a trovare la differenza tra queste due puntualizzazioni, l’ultima dell’attuale ministro Stefania Giannini, la prima del segretario generale della Cei, Nunzio Galanti.
Le recenti dichiarazioni dell’attuale ministro dell’istruzione sembrano andare in controtendenza rispetto a quanto affermato dal ministro Carrozza in carica nel governo Letta a sostegno dell’istruzione di stato come bene comune, mentre appaiono speculari  a quelle di Nunzio Galanti, segretario generale Cei. La mia riflessione, con viva speranza di essere smentita da ulteriori precisazioni dei sindacati o del Ministro stesso,  salta alle conclusioni: quando un genitore, se può permetterselo, manda i figli alla scuola non-pubblica ( = privata, anche se la chiamiamo paritaria) perché la scuola di stato non è più in grado di garantire un servizio di qualità,  l’istruzione cessa di essere un diritto.

 Non importa se la responsabilità è della malafede politica che ha chiamato “riforme” i tagli a pioggia sulla scuola, oppure del nuovo sofisma:  “ si paga una retta, gli insegnanti non provengono da graduatorie pubbliche, sono pagati come decide l’istituto e non è garantita la multiculturalità dell’insegnamento, ma siccome prendiamo gli stessi contributi dallo stato di una scuola statale, siamo tutte scuole pubbliche

Certo, in questo modo, si offre ai genitori la libertà di scegliere che educazione dare ai figli: forse la scuola di stato, come istituzione e offerta formativa, la nega?
Forse un genitore deve essere “libero” di offrire al figlio un’educazione “orientata” perché poi lui può scegliere di vivere in una società monoculturale?

 L’avventura umana e professionale di Alberto Manzi, eroico protagonista della  fiction in due serate Non è mai troppo tardi, seguita da quasi sei milioni di telespettatori,  potremmo immaginarla in una scuola paritaria/privata?
Potremmo pensarla mandata in onda da una delle reti Mediaset?

Quando un italiano su dieci non sapeva né leggere né scrivere, tra il 1959 e il 1968, questa figura di idealista che univa il buon senso al coraggio intellettuale, si fa portatore di valori semplici e rivoluzionari.
Valori “scaduti”, da libro Cuore? Non sembra, viste le percentuali di ascolti.
Il maestro Manzi aveva capito che una società migliore nasce dalla scuola come bene comune ( res publica), dove sono previste tutte le scelte educative, il cui compito è integrare varie culture, dare il massimo delle opportunità a tutte le provenienze e alle più diverse abilità.

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