Alberto Manzi |
Inviterei
a trovare la differenza tra queste due puntualizzazioni, l’ultima dell’attuale
ministro Stefania Giannini, la prima del segretario
generale della Cei, Nunzio Galanti.
Le recenti dichiarazioni dell’attuale ministro dell’istruzione
sembrano andare in controtendenza rispetto a quanto affermato dal ministro
Carrozza in carica nel governo Letta a sostegno dell’istruzione di stato come
bene comune, mentre appaiono speculari a
quelle di Nunzio Galanti, segretario generale Cei. La mia riflessione, con viva speranza di essere smentita da
ulteriori precisazioni dei sindacati o del Ministro stesso, salta alle conclusioni: quando un genitore, se
può permetterselo, manda i figli alla scuola non-pubblica ( = privata, anche se
la chiamiamo paritaria) perché la scuola di stato non è più in grado di
garantire un servizio di qualità, l’istruzione cessa di essere un diritto.
Certo, in questo modo, si offre ai genitori la libertà di
scegliere che educazione dare ai figli: forse la scuola di stato, come
istituzione e offerta formativa, la nega?
Forse un genitore deve essere “libero” di offrire al figlio
un’educazione “orientata” perché poi lui può scegliere di vivere in una società
monoculturale?Quando un italiano su dieci non sapeva né leggere né scrivere, tra il 1959 e il 1968, questa figura di idealista che univa il buon senso al coraggio intellettuale, si fa portatore di valori semplici e rivoluzionari.
Valori “scaduti”, da libro Cuore? Non sembra, viste le percentuali di ascolti.
Il maestro Manzi aveva capito che una società migliore nasce dalla scuola come bene comune ( res publica), dove sono previste tutte le scelte educative, il cui compito è integrare varie culture, dare il massimo delle opportunità a tutte le provenienze e alle più diverse abilità.
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