domenica 21 ottobre 2012

Il Concilio ci ha ridato la speranza

Nel numero del  "Il Sicomoro" del 19 ottobre 2012 - il Sicomoro è una  newsletter tra amici per pensare - ho trovato molto d'attualità un pezzo scritto dal Prof. Canavero che moltissimi cassinesi conoscono per essere stato per 2 consiliature comunali Vice Sindaco del paese, oltre che essere uno Storico tra i più apprezzati del nostro tempo.
Ho pensato di pubblicarlo sperando di fare cosa gradita a chi non  riceve la newsletter ..... sperando di aprire anche un dibattito sull'attualità del Concilio.



A cinquanta anni dalla sua apertura il Concilio Vaticano II resta ancora un tema vivo e di  grande attualità.
Si è discusso e si discute tuttora sulle scelte fatte, sui documenti presentati e approvati in quella che è stata la più grande assemblea deliberante della Chiesa cattolica. Ci sono stati tentativi di
rallentare o impedire le riforme introdotte allora, ma nessun papa le ha ritrattate.
Alcune riforme, come l’introduzione delle lingue vive nella liturgia, il rinnovamento dei riti con lo spostamento degli altari, sono ormai entrate nel vissuto quotidiano dei fedeli.
L’apertura verso le altre confessioni cristiane ha portato ad un rapporto diverso con queste, sostituendo il dialogo all’anatema. La Chiesa, come diceva Giovanni XXIII, preferisce usare la medicina della misericordia.
E’ stato condannato l’antisemitismo e si sono modificati i rapporti con gli ebrei, definiti da Giovanni Paolo II «i fratelli maggiori».
Certo, come ogni documento storico, anche i testi del Concilio pur non mancando in vari punti di valore profetico, sono figli del proprio tempo.
Solo qualche giorno dopo l’apertura del Concilio scoppiò la crisi dei missili a Cuba e il mondo fu sull’orlo della Terza Guerra mondiale. Il superamento della crisi, grazie anche all’intervento di
Giovanni XXIII, permise l’inizio di una nuova fase di politica internazionale e non fu senza conseguenze anche sui lavori del Concilio. Si veda, per fare un solo esempio, l’ampio riconoscimento tributato alle istituzioni internazionali che operano per la pace, come l’ONU,
fatto nella Gaudium et spes.
La Chiesa, attraverso il Concilio, prendeva coscienza dei «segni dei tempi» e li interpretava alla luce del Vangelo. La testimonianza della fede doveva avvenire in modo da essere resa comprensibile dagli uomini e dalle donne di quel particolare tempo. Non si trattava certo,
come qualcuno andava dicendo, di cambiare la religione o di modificarla, ma di illuminare con la fede eterna il tratto di strada che si stava percorrendo.
Questo è, probabilmente, la più importante eredità che ci ha lasciato il Concilio: saper adeguare continuamente la missione della Chiesa, dal papa all’ultimo dei fedeli, alla temperie del mondo in cui si vive; illuminare con il Vangelo la drammatica vicenda dell’uomo contemporaneo e dargli così un motivo di speranza, di fiducia. In un’epoca in cui la religione viene spesso usata come copertura per infami brutalità, l’insegnamento di pace, di tolleranza, di mutua comprensione che ci viene dalla lettura dei testi conciliari rappresenta uno stimolo per quei miti che, secondo le parole del discorso della montagna, «erediteranno la terra».
Alfredo Canavero

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