venerdì 3 marzo 2017

Quando il resto....è solo noia

Nonostante l’ironia di Andrea Parma (mi auguro involontaria), che nel precedente Diario di Bordo introduceva il mio intervento con ‘ancora l'immancabile Marino Contardo che vuole farci sapere la sua anche questa settimana’, ritorno su una questione troppo snobbata anche dalle nostre parti, quasi fosse una boutade di propaganda. Parlo dei dati sull’occupazione, che sono stati diffusi dalla stampa in modo piuttosto confuso, quando invece richiedono una seria riflessione. 
Ebbene, l’Inps – che è l’istituto più titolato a farlo perché più attendibile e aggiornato – ha fornito questi numeri: da gennaio 2015 (introduzione del Jobs Act) a dicembre 2016 si è avuta una variazione netta sul totale dei rapport di lavoro subordinato positiva per 968 mila unità (+ 628 mila nel 2015, + 340 mila nel 2016). Nel biennio precedente i saldi sono stati sempre negativi, - 101.000 nel 2013, - 34.000 del 2014. 
Considerando poi solo i contratti a tempo indeterminato il saldo positivo è stato di circa un milione di nuovi contratti (ricordate la barzelletta del milione di posti di lavoro ai tempi di Berlusconi, ebbene questa è diventata realtà nei 1000 giorni del governo Renzi). Sul fronte dei voucher – istituto che risale al 2013 – si registra una contrazione nell’uso, probabilmente sotto l’effetto della maggiore tracciabilità introdotta dal Jobs Act, ed è allo studio un provvedimento di legge che ne limiti drasticamente l’utilizzo improprio. Anche il Prodotto Interno Lordo è in leggera crescita ( +1,0 % nel 2016 rispetto al -2% all’inizio del governo Renzi), di segno decisamente positivo il commercio con l’estero.
Siamo invece in ritardo rispetto ai tasso di crescita dei grandi paesi europei, la disoccupazione giovanile è insopportabilmente inchiodata al 40%, aumenta l’area della povertà sia relativa che assoluta, e ogni giorno assistiamo alla chiusura di importanti aziende, spesso per trasferimenti di attività in paesi a minor costo della manodopera.
Luci ed ombre quindi, ma nessuna catastrofe, come amano dipingere la situazione i fieri oppositori del governo in carica, nessuna situazione simil Grecia, come si profilava alla fine dell’avventuroso governo Berlusconi nel 2011. Segnali positivi invece, che danno conto di un paese che non si arrende, non si arrende alla burocrazia, all’alto livello delle tasse, alla politica dei dilettanti e dei demagoghi, che lotta ogni giorno contro inefficienze, sprechi e ruberie, e non soltanto nelle pubbliche amministrazioni. Ma ancora arranca, e arranca non solo per la solita vituperata ‘politica’, ma per una classe imprenditoriale spesso poco coraggiosa, che non investe nella propria azienda ma in attività finanziarie, un sindacato corporativo che vive dimensioni d’altri empi, professionisti e commerciati che non sanno uscire dal proprio ‘particolare’, categorie come farmacisti, notai o tassisti, irremovibili nel non voler guardare avanti, e più in generale per un costume nazionale in cui il senso civico viene spesso sacrificato al portafoglio, alla famiglia, se non alla personale cupidigia.

E il Partito Democratico in tutto questo che fa? Ha la pretesa di interpretare la parte più attiva e più sensibile del nostro popolo, in termini di cultura, innovazione, socialità, e di trascinare tutto il resto per un’Italia migliore, un’Europa migliore, un mondo migliore. Retorica? Forse. Ma ricordiamo come il nostro paese sia stato per decenni un modello per tanta parte del mondo, dalla liberazione dal fascismo alla ricostruzione postbellica al boom degli anni ’60. Dopo le macerie morali e materiali di questi ultimi decenni occorre ritrovare l’entusiasmo e la volontà per ripartire. E noi dobbiamo essere protagonisti di questo processo. Di questo dovrà trattare il prossimo congresso. Il resto è solo noia, come diceva una nota canzone di qualche anno orsono.

Marino Contardo

1 commento:

  1. Marino, nessuna ironia. Sottolineavo come i tuoi commenti siano una presenza fissa nelle nostre comunicazioni. E il che è positivo.

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