"Questo è un mio lavoro... Siccome nessuno crede che io lavoro all'estero, lo dico perché i giornalisti si informino...almeno quelli con 'accesso linguistico'...". Massimo D'Alema stringe tra le mani una copia del 'Progressive Post', la rivista in inglese che cura per la fondazione Italiani Europei. Festa nazionale dell'Unità a Catania, classico giro tra gli stand prima del dibattito serale con il ministro Paolo Gentiloni sulla politica estera. Ma D'Alema è qui anche per dire ancora una volta no alla riforma costituzionale: no, nonostante i manifesti di 'Basta un sì" che arredano la festa a villa Bellini, sì ovunque senza tregua. No, invece, dice D'Alema perché la riforma Boschi "è stata scritta male" e che Renzi "sta diventando un politico tradizionale, la spinta si è affievolita...E' diventato un politico normale con tutti i difetti del caso, dalla lottizzazione della Rai al resto... E questo lo vede la gente, non io..."". Applausi dalla platea, mentre il dibattito va totalmente fuori tema: si parla di referendum costituzionale, anzi di "plebiscito", attacca D'Alema, si parla di Renzi, amministrative, Pd, "il modo in cui abbiamo liquidato il nostro sindaco a Roma", dice D'Alema, l'Italicum "imposto con voto di fiducia...". Per la politica estera non c'è spazio.
L'attacco di D'Alema è feroce, dritto al cuore del renzismo e della sua storia a Palazzo Chigi. "Abbiamo cambiato la costituzione con una maggioranza raccogliticcia di trasformisti senza mandato popolare. Renzi ha vinto le elezioni contro Letta... ". E giù con "verdini amico ventennale di Lotti...". Gentiloni gli rinfaccia ii tempi dell'alleanza con "Mastella". "Ma avevamo vinto le elezioni....", risponde lui. "Le ha vinte Prodi non tu", urlano dalla platea. C'è un po' di agitazione ma sono Gentiloni e D'Alema a darsele di santa ragione. Il primo lo chiama "Signor no". Il secondo: " se vince il sì bisognerà adattare questo vestito al prossimo vincitore Di Maio. Se vince il no, si apre una discussione... Andiamo ad un referendum in cui per il sì c'è Marchionne, confindustria e le grandi banche. Per il no ci sono l'Anpi e la Cgil. È normale per un partito di sinistra?". Gentiloni: "per il sì c'è la stragrande maggioranza del Pd...". La platea contesta: "buuuu no!". "Va bene, magari non la maggioranza di questa sala...", acconsente il ministro, sconfitto. "Se perde il sì c'è un colpo per il Pd non per Renzi....".
D'Alema guarda al 5 settembre, per la presentazione dei comitati del no e di una sorta di 'controriforma' dalemiana. Lui non la chiama così. Ma la definisce certo una proposta di riforma costituzionale "più snella". Se è vero che si torna al voto solo nel 2018, allora c'è il tempo per approvare un'altra riforma", dice candido. Parole d'ordine: bicameralismo, riduzione dei senatori ma anche dei deputati, fiducia al governo votata da una sola delle due camere. La sua è una fronda anti-Renzi nel Pd? Per carità: "Non faccio parte di minoranze. La nostra è una proposta dei cittadini...". Girotondini? "Mi sembra difficile l'idea di fare un girotondo con il professor De Siervo, con il professor Casavola, con il professor Onida, con il professor Cheli. Forse Orfini dovrebbe essere più rispettoso verso queste personalità che rappresentano tanta parte della cultura italiana", dice D'Alema replicando al presidente del Pd.
È un D'Alema difensore dei cittadini che Renzi non riesce ad agganciare, quello all'opera a Catania. E il luogo sembra essere quello giusto, a giudicare da quello che racconta qualche volontario qui alla Festa Nazionale dell'Unità, gli umori dei militanti non sono convinti per il sì, non in massa. "C'è pluralismo", ci dice una ragazza. Cosa che si evince nettamente dall'applauso calorosissimo che accoglie D'Alema sul palco a inizio dibattito: "Massimo!". E si vede moltissimo quando il moderatore Claudio Cerasa fa un piccolo sondaggio tra il pubblico: chi vota sì, chi vota no, su le mani. I no sono decisamente in vantaggio, per quello che può contare un mini-test della platea riunita per un dibattito tra Gentiloni e D'Alema sulla sinistra e la politica estera.
Sarebbero serviti anche banchetti del no alla Festa del Pd? Glielo chiediamo a D'Alema nel backstage: "Non mi occupo di banchetti....". Però, sottolinea, "c'è un grande spazio per il 'No' tra i cittadini. Ce n'è di meno nell'informazione, che è veramente controllata dopo l'occupazione brutale della Rai da parte del governo e la cacciata dei dissidenti, cosa che mi ha francamente colpito. Solo Berlusconi era arrivato a tanto".
Tra gli stand lo accompagna l'europarlamentare Dem Michela Giuffrida. "Io in Italia ho degli hobby. All'estero lavoro", insiste D'Alema. C'è lo stand dei socialisti e democratici, selfie e strette di mano. Un militante catanese lo avvicina per regalargli il calendario di Sant'Agata, la patrona. Lui ringrazia e si sposta. C'è lo stand dei senatori: "Buonasera presidente, qui spieghiamo cosa fa il Senato...". Gli dice una volontaria. Già, "il Senato...", risponde lui e passa oltre, verso il palco dove la chiacchierata con Gentiloni si svolge in maniche di camicia e cravatta. Niente toni formali per dire che: "L'altro giorno facevo un'intervista con un giornalista dello Spiegel e anche lui concordava che Renzi ha esaurito la sua spinta, quella delle europee. Renzi sta diventando un politico tradizionale tanto è vero che anche nel nostro paese il populismo e l'anti-politica stanno prendendo piede. Se abbiamo perso quasi t
utti i ballottaggi con il M5s...questo è un dato oggettivo, il Pd ha esaurito la spinta e si presenta più o meno come gli altri partiti...".
"Qui al censimento fatto da Cerasa ha vinto il no", riconosce Gentiloni guardando la platea un po' preoccupato. Non gli resta che ripiegare sull'allarme scissione. "No alle logiche divisive, mi preoccupa la tendenza a dire ci sarà un processo democratico ma i livelli di differenza ci porteranno alla rottura, io penso non sia così....". "C'è un altro partito oltre il Pd ? - chiede il moderatore a D'Alema - risponda con tranquillità...". "Siamo in un contesto in cui sono io che garantisco la sua tranquillità...", è la risposta sorniona. La platea del no esplode nell'applauso. "Si è determinata una frattura sentimentale col nostro popolo...". E' ricomponibile? "Dipende dal segretario del partito... Ascolto l'invito di Gentiloni all'unità, ma chi ha portato lo spirito della frattura nel Pd è stato il leader del partito. Nessuno prima ha proposto di rottamare nessuno... Io mi sono scontrato con Prodi che però mi ha voluto come ministro... Uno può essere unitario ma quando l'unico intento è rottamarti, è problematico....".
Cosa vuole D'Alema? "Io mi sono dimesso dopo aver perso elezioni in modo meno catastrofico di Renzi", e la platea viene giù in applausi. "Io sono libero e non voglio incarichi: l'unica cosa che pretendo è di battermi per le mie idee". A Catania ci è riuscito.
Angela Mauro
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