giovedì 15 marzo 2012

Precisazioni e chiarimenti giuridico-politici sull'art.18


L’Art. 18 dello Statuto dei Lavoratori
L'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori  s'intitola "reintegrazione sul posto di lavoro" e disciplina le conseguenze in caso di licenziamento illegittimo nelle unità produttive con di 15 dipendenti (5 se agricole).  Esso dispone che il licenziamento possa essere valido solo se avviene per giusta causa o giustificato motivo.
Tale principio, che era (almeno in parte) già stato riconosciuto dall’ art. 2119 del codice civile italiano  per i contratti a tempo determinato e per i licenziamenti senza preavviso, è sancito per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato dall'art. 1 della legge n. 604/1966.
La  Legge 15 luglio 1966 n. 604,  Norme sui licenziamenti individuali, con le modifiche della  Legge 4 novembre 2010, n. 183 (c.d. Collegato Lavoro)  infatti stabilisce:

Art. 1
Nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato,….. il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell'art. 2119 del Codice civile o per giustificato motivo.)
……………………………………………………………………………………………………….
Art. 5
L'onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento  spetta al datore di lavoro.
Art. 6
1. Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch'essa in forma scritta,dei motivi, ove non contestuale, ……………………………………………………………………….
A conoscere delle controversie derivanti dall'applicazione della presente legge é competente il pretore. ………………………………………………………………………………………………………..
Art. 8 (2)
Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro é tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione …………. “
Il giudice del lavoro, che in tale valutazione dispone di ampia discrezionalità, valuta l'applicabilità di una condotta all'una o all'altra nozione decidendo se trattasi di  licenziamento  per giusta causa (1) o di licenziamento per giustificato motivo (2) ovvero di nessuna delle due ipotesi ed in tal caso il licenziamento verrà dichiarato nullo.
La Legge 20 maggio 1970  N. 300 – Statuto dei Lavoratori – Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento  all’articolo 18 dispone invece che in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, ex lege 604/1966, il lavoratore sia reintegrato nel posto di lavoro  e recita come segue:                                                                              
"ART.18. - Reintegrazione nel posto di lavoro.      Ferma restando l'esperibilità delle procedure previste dall'art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice, con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'art. 2 della legge predetta o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno subito per il licenziamento di cui sia stata accertata la inefficacia o l'invalidità a norma del comma precedente. In ogni caso, la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione, determinata secondo i criteri di cui all'art. 2121 del codice civile. Il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al comma precedente è tenuto inoltre a corrispondere al lavoratore le retribuzioni dovutegli in virtù del rapporto di lavoro dalla data della sentenza stessa fino a quella della reintegrazione………………”
L’art. 18 pertanto nulla dice circa le cause necessarie per effettuare i licenziamenti dei lavoratori che rimangono la giusta causa o il giustificato motivo come disciplinati dalla  Legge 15 luglio 1966 n. 604.
L’art.18 dello Statuto dei Lavoratori deve assolutamente essere mantenuto in vita, sia pure con qualche adeguamento ai tempi nostri, trattandosi di una norma risalente a quaranta anni fa in un periodo di prepotente ripresa dell’economia nazionale e mondiale; nessuno, credo, vuole mettere in discussione l’essenza dell’art. 18.  
Sono però convinto che vi sia confusione in argomento e che vengano espresse molte opinioni preconcette. Si teme infatti, stando ai mass media, che qualora venisse meno l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori diverrebbero possibili licenziamenti individuali indiscriminati. Non è così: i criteri per effettuare i licenziamenti individuali sono disciplinati dalla legge citata del 1966 che non sembra essere messa in discussione. Certo che, se con la modifica dell’art.18 si  incidesse sulla legge del 1966, tutto il ragionamento cambierebbe radicalmente.  
Le pretese conseguenze negative della norma in discussione sono dovuti all’estrema durata del contenzioso, spesso di alcuni anni, per cui all’estrema incertezza dell’esito della controversia si  aggiunge il grande ammontare del risarcimento che il datore di lavoro soccombente è tenuto a versare al lavoratore reintegrato. Di qui la necessità di introdurre norme procedurali estremamente rapide per i provvedimenti  in materia di diritto del lavoro.                                                                              
Come sempre in una materia prettamente tecnica le “opposte tifoserie” non aiutano la chiarezza del dibattito  e la consapevolezza dell’opinione pubblica


NOTE
( 1 ) Licenziamento  per giusta causa
Il licenziamento per giusta causa scatta quando si verifica una circostanza così grave da non consentire la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto lavorativo (art. 2119 c.c.). In tal caso il datore di lavoro può recedere dal contratto senza l'obbligo di dare il preavviso, né l’indennità di mancato preavviso. Si tratta di casi così gravi da provocare l’interruzione immediata del rapporto di lavoro. ( Licenziamento in tronco )
Generalmente i contratti collettivi prevedono determinati fatti che legittimano il licenziamento senza preavviso. A titolo esemplificativo, sono stati ritenuti costituire giusta causa di licenziamento:
·         il rifiuto ingiustificato e reiterato di eseguire la prestazione lavorativa/insubordinazione;
·         il rifiuto a riprendere il lavoro dopo visita medica che ha constatato l'insussistenza di una malattia;
·         il lavoro prestato a favore di terzi durante il periodo di malattia, se tale attività pregiudica la pronta guarigione e il ritorno al lavoro;
·         la sottrazione di beni aziendali nell'esercizio delle proprie mansioni (specie se fiduciarie);
·         la condotta extralavorativa penalmente rilevante ed idonea a far venir meno il vincolo fiduciario (es. rapina commessa da dipendente bancario);
·         risse nei luoghi di lavoro o violenze verso gli altri lavoratori.
Questi gravissimi inadempimenti agli obblighi contrattuali, ma anche quei comportamenti extraziendali, devono determinare il venir meno della fiducia posta alla base del rapporto di lavoro.
 Il giudice, chiamato ad accertare la presenza della giusta causa, dovrà pertanto valutare in concreto la violazione dell’elemento fiduciario, più che lo specifico inadempimento del lavoratore.
In caso di licenziamento per giusta causa  il rapporto si interrompe immediatamente e il datore non deve corrispondere alcuna indennità di mancato preavviso
( 2 ) Licenziamento per giustificato motivo
La motivazione del licenziamento, necessaria per la sua legittimità, può risiedere nella presenza di un giustificato motivo. In tal caso il datore di lavoro è obbligato a dare il preavviso al lavoratore (art. 1 L. n. 604/1966).  (Licenziamento in tronchetto)
La legge del 1966 prevede, all'art. 3, due ipotesi di giustificato motivo:
Giustificato motivo soggettivo è costituito dal "notevole inadempimento degli obblighi contrattuali" da parte del lavoratore. Si tratta di ipotesi non così gravi da non consentire la prosecuzione del lavoro per il periodo del preavviso  quali ad esempio: l'abbandono ingiustificato del posto di lavoro, minacce, percosse, malattia (superamento del periodo di comporto).
Giustificato motivo oggettivo riguarda i casi di licenziamento determinato da "ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa", non riguarda pertanto il comportamento del lavoratore. Tra i casi più frequenti, individuati dalla giurisprudenza come giustificato motivo oggettivo vi sono: cessazione dell'attività, fallimento, riorganizzazione aziendale; inoltre la sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore a svolgere le mansioni assegnategli, la carcerazione del lavoratore.                                                                   
In caso di licenziamento per giustificato motivo, il datore è tenuto a dare un periodo di preavviso, stabilito dai contratti collettivi, oppure, se vuole estromettere subito il lavoratore dall'azienda, è tenuto a corrispondere al lavoratore una indennità di mancato preavviso, pari alla retribuzione complessiva che gli sarebbe spettata se avesse lavorato durante tale periodo.

Gigi Ubertis

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