venerdì 9 marzo 2012

Fiom e il malessere operaio strumentalizzato. Un'obiezione a Pietro Folena



Ci sono degli ex, come Pietro Folena che si distinguono per un sovraccarico polemico nei confronti del proprio gruppo di provenienza. Riporto questo suo intervento su "Lettera43" del 9 marzo 2012, e in coda le mie osservazioni.

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Ci sono cose che nella Prima Repubblica, tanto disprezzata, non sarebbero state concepibili. E che, sinceramente, non lo sono neppure alla luce del più elementare buon senso. Mi riferisco, ad esempio, all'incredibile corto circuito che il Partito democratico è riuscito a determinare in rapporto alla manifestazione della Fiom-Cgil. Vado, non vado, deve decidere Pier Luigi Bersani, vado, non vado, alla fine non vado: è stata drammatizzata una questione che neppure si poneva.
LA SOLIDARIETÀ ALLE INIZIATIVE SINDACALI. In discussione, infatti, non è mai stata l'adesione di un partito ad uno sciopero dei lavoratori. Un conto sono le lotte sindacali, anche quelle che assumono il valore più generale, un altro le manifestazioni politiche. E da sempre i dirigenti del principale partito della sinistra - come giustamente lo stesso Dario Franceschini vuole sia definito il Pd - vedono loro dirigenti o loro delegazioni presenti, in solidarietà, alle iniziative sindacali di grande respiro.
NESSUN ESTREMISMO IN PIAZZA. La manifestazione romana del 9 marzo va annoverata fra queste, e il complesso del popolo operaio e metalmeccanico che ha sfilato non era estremista o antagonista, forse votava in larga parte Pd, o Lega, era critico con Mario Monti ma durissimo con Sergio Marchionne e non gli interessano più di tanto i No Tav.

La democrazia nei posti di lavoro

Il cuore di questa manifestazione, accanto alle tematiche sociali e retributive e ai rischi di devastazione ulteriore del mercato del lavoro, era la democrazia nei posti di lavoro, talvolta non rispettata - oltre ché dai datori di lavoro - dalle stesse organizzazioni sindacali. Se non c'è democrazia nel lavoro, se i diritti non vengono rispettati, se non c'è giustizia nell'economia (a partire da tempi brevi e certi per i contenziosi di lavoro e fra le imprese e gli enti pubblici), non c'è democrazia nella società.
IL PERICOLO DELLA DEBOLEZZA CONTRATTUALE. E la debolezza contrattuale e rappresentativa del nuovo lavoro precario e informale rappresenta una mina accesa per la democrazia italiana.
Che Marchionne, che poco si è occupato dell'innovazione dei prodotti della Fiat, manifesti un disprezzo inaccettabile verso questi valori, in  particolare accanendosi nei confronti della Fiom-Cgil, è un dato della realtà, sul quale il Pd ha preso giustamente una posizione critica. Perché non trovare il modo di dirlo con una normale presenza alla manifestazione del 9 marzo?
LA LINEA PERSEGUITA DA MAURIZIO LANDINI. La risposta va ricercata forse nella linea che Maurizio Landini, che della Fiom è il leader indiscusso, ha consapevolmente perseguito in questi mesi. Diventato un ospite obbligatorio per i talk show più seguiti, Landini ha usato questa manifestazione con un obiettivo politico, quasi partitico: fare diventare il sindacato dei metalmeccanici il punto di riferimento di tutte le opposizioni sociali e le vertenze territoriali, fino a quella della Val di Susa.
GLI EFFETTI DI UNA LINEA ESTREMISTA. I fischi vergognosi di una parte della piazza a Vincenzo Scudiere, che parlava a nome della Cgil, la dicono lunga sugli effetti di questa linea estremista. E tuttavia alla scuola delle Frattocchie, quand'eravamo giovani, ci insegnavano che per fare il gioco di disegni alternativi al nostro, com'è quello di Landini rispetto ad una sinistra di governo, la demonizzazione e il muro contro muro sono perfetti. Una presenza critica del Pd al corteo sarebbe stata assai più in grado di parlare al corpo più profondo dei lavoratori, distinguendosi in modo netto dall'uso che del malessere operaio alcuni stanno facendo. Ma il buon senso non abita più qui.

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Folena, capisco tutto il suo aureo argomentare, ma nei fatti, lo dice lei stesso, Landini ha impresso alla FIOM le connotazioni di un partito estremista. L'obiettivo di Landini non è governare alcunché ma massimizzare il dissenso, ogni dissenso, in una pura logica di antagonismo e di "marxismo immaginario" (secondo la vecchia locuzione di Vittoria Ronchey). Se le cose stanno così, e così stanno, cosa doveva farci il PD in piazza con Landini, la FIOM e i NO-TAV? Prendere i fischi insieme alla CGIL? Il PD, evidentemente non accetta più il motto del "pas d'ennemis à gauche" e per me fa bene, perché in ogni caso  ci sarà sempre qualcuno alla sua sinistra che occuperà la posizione: ieri Bertinotti (che pure non era mai stato comunista, ma aveva "fiutato" l'occasione dopo la Bolognina) o l'ineffabile Diliberto, oggi Landini (e talvolta anche Di Pietro!) e domani chissà... Comunque noto la sua acribia sulle deficienze del PD. Dieci suoi articoli su dieci su "Lettera43" hanno questo refrain, l'inadeguatezza, le colpe, le deficienze del PD... Scorgo movenze psichiche da ex, la sindrome da ex addirittura nelle sue posizioni. Una volta in Francia l'ex veniva chiamato défroqué, lo spretato, e lei certo astio da intellettuale organico spretato ce l'ha. Si distenda e si sforzi di comprendere le ragioni del PD: sono le sue dopotutto, quelle di una volta.
Alfio Squillaci

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