Io sono
cresciuta e mi sono formata in tempi sicuramente più manichei, tempi in cui si
diceva pane al pane e vino al vino, in cui sì era ”sì” e no era “no”: forse il
mio pensiero è obsoleto, ma mi sembra ancora incontestabile che, quando si
parla di scuola pubblica ( artt.33 e 34 della nostra Costituzione), si
intende un’istruzione obbligatoria, gratuita e laica che
rispecchia così il principio fondamentale dell’uguaglianza, ritenendo le distinzioni di genere, razza e
religione una risorsa che arricchisce e rende la scuola realisticamente a somiglianza
della società fuori dalla scuola.
Si
intende un’istruzione cioè che realizzi il diritto allo studio,
uno dei diritti fondamentali ed inalienabili della persona, sancito
dalla Dichiarazione universale dei diritti
umani dell'ONU.
Una scuola per tutti, che risponda a
queste caratteristiche, non può dirsi pubblica nella stessa accezione in cui
viene chiamata pubblica la scuola confessionale a pagamento, una scuola cioè
destinata a chi è disposto a pagare, sia pure col bonus statale, e desidera
un’istruzione culturalmente e religiosamente orientata .
Io mi
dichiaro cattolica e non sono in via pregiudiziale contraria alla scuola
paritaria; molto spesso anzi la scuola paritaria colma le lacune di quella
statale, come in molti casi accade per la scuola dell’Infanzia o quando la scuola statale, per mancanza di risorse,
non risponde più alle esigenze dei nostri ragazzi. Abbiamo sotto gli occhi però
come molte volte pagare non è
garanzia di migliore qualità.
Dopo
vent’anni di politiche scolastiche basate sul principio che la scuola è una
spesa da contenere, forse non siamo di fronte a un’unica scuola pubblica, statale e paritaria, come afferma il
segretario generale della Cei. Abbiamo piuttosto a che fare con un’unica scuola paritaria, privata, dove a volte
la scuola non statale è un po’ più
pubblica e di stato, dove il diritto allo studio può realizzarsi solo
a patto che le famiglie si sobbarchino molte spese e che le amministrazioni
locali intervengano con politiche consistenti.
Punto di vista, quello di Franca, che mi trova totalmente concorde. Occorre che il tema della 'scuola pubblica' venga rimesso al centro dell'iniziativa politica, con provvedimenti che valorizzino strutture, programmi, personale, sperimentazione. Diversamente finiremo in coda ai paesi civili. Finito questo governo di emergenza, troppo eterogeneo e sempre sul filo del rasoio per prendere decisioni efficaci e di larga portata, occorrerà riprendere le fila di questo discorso che già lo sfortunato Prodi nelle brevi parentesi che gli furono concesse, e sotto il tiro costante della sinistra radicale alla Bertonotti, dei centristi ondivaghi alla Mastella e dello zoccolo conservatore dei DS alla D'Alema (ma non solo), tentò invano di porre in primo piano. Per non andare troppo lontano, pensiamo bene anche a che cosa faremmo per la scuola di Cassina nel caso fossimo chiamati a governate il nostro Comune (piano diritto allo studio, interventi strutturali, sostegno ai progetti delle scuole, sostegno alle famiglie in difficoltà, lotta all'abbandono scolastico, collaborazione con gli organi della scuola).
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