domenica 20 gennaio 2013

Un funerale è solo un funerale

Nei “coccodrilli” su Prospero Gallinari, nelle notizie sulla sua morte, nei truci tentativi di ingrandirne la figura, in quanto irriducibile “zoccolo duro” della lotta armata, si avverte un fastidioso vuoto di memoria per quanto è accaduto in quegli anni, detti  “di piombo”, nel nostro Paese.

Nel racconto della cerimonia funebre, sfregiata dal tentativo di sdoganare una stagione che ha accecato tanti giovani e ne ha armato la mano in nome di un’ideologia delirante; nelle vittime innocenti dimenticate, uccise a sangue freddo come capri espiatori, si respira un vuoto colpevole che sgomenta: il vuoto della mancanza di rispetto per i morti ammazzati e per le tragedie dei loro famigliari.
Far passare per vittime gli assassini  fa spuntare subito i nostalgici. Trovano dei nostalgici gli orrori del nazifascismo e tutte le fedi cieche convinte che per affermare la verità che si crede di possedere bisogna ammazzare l’uomo.
Non diamo spazio ai nostalgici che si macchiano di apologia di reato; non alimentiamo “l’incapacità di riconoscere l’umanità delle vittime”, abituandoci al vuoto.

4 commenti:

  1. Nello stesso giorno, apprendere che un Prefetto della repubblica finge dolore in pubblico e ride nel privato e apprendere che mille persone vanno al funerale di un terrorista e inneggiano alla rivoluzione, sono due fatti che ti mettono davanti un'Italia assurda, incomprensibile, che lascia senza parole...

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  2. In gioventù alcuni esponenti della sinistra cosidetta radicale (insomma tutti quelli che poi hanno fatto carriera ed oggi fanno i giornalisti anche sulle tv di Berlusconi e sono i suoi più fedeli sostenitori), dicevano a quelli come me che facevano il servizio d'ordine per il sindacato - che le brigate rosse sparavano alle gambe e non ai coglioni (come noi).
    Dopo quello che ho visto ieri sono sempre più felice di continuare ad essere per loro un coglione, termine usato anche da Silvio.
    Ebbene si sono felicemente un coglione di sinistra (poco poco,piano piano)
    Roberto Bertolotti

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    1. ...niente male, questo commento, Roberto.
      Su ciò che aggiunge poi Marco, io distinguerei, comunque i teppisti da manifestazione, quelli da "lotta dura senza paura" che a volte si difendevano anche da forze di polizia leggermente prevenute e aggressive, dagli adepti dei vari gruppi di lotta armata che si allenavano nei campi di addestramento al terrorismo a non avere piètà e ad usare armi a ripetizione. Questi ultimi negli anni settanta lasciavano quasi ogni giorno un morto per le strade, un giornalista, un magistrato,uno delle forze dell'ordine (cinque, nel caso della cattura di Aldo Moro), un politico, una persona qualunque colpevole di essere "inserita nel sistema" facendo il suo lavoro: questi assassini, se hanno scontato la loro pena e sono a casa, non dovrebbero comunque, in alcun modo, poter occupare la scena.

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  3. Troppo, troppo spazio mediatico. Non c'è differenza tra chi ha commesso stragi a dx o sx. Rammarica solo che esponenti politici "democratici" rappresentati in Parlamenti si evidenzino in queste circostanze. E' vero che di fronte alla morte rimane solo la pietà, ma non l'ostentazione. Chi lanciava sassi e molotov ieri ( e li ho anche visti) ed inneggiavano alla lotta di classe oggi sono eminenti giornalisti al soldo di Berlusconi.

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