lunedì 17 settembre 2012

Altra proposta riformista. Il ripristino dei pubblici concorsi


Con la trasformazione in contratto privato  del rapporto di lavoro in molti comparti del Settore pubblico allargato, è accaduto  che la prima cosa che è venuta  a saltare è stata la selezione dell’accesso  al posto  tramite il concorso pubblico. Ciò è avvenuto   dappertutto oramai  grazie a  escamotage fantasiosi che i nostri maestri del diritto e del rovescio,  in un  Paese che si vanta essere la culla del diritto (del diritto che è rimasto in culla, però),  sono riusciti  a trovare. Per esempio nessuno ha capito perché la RAI sia ritenuta “pubblica” all’atto dell’esazione del canone (richiesto con bollettino emanato dall’Agenzia delle Entrate di Torino) e “privata” all’atto dell’assunzione del personale. Se è pubblica ci vogliono i concorsi, se privata perché il canone? Dicono gli azzeccagarbugli che ciò accade perché la RAI è SpA (anche se a capitale parzialmente pubblico).  Ma se è privata perché il canone? E se pubblica ci vogliono i concorsi.  Le assunzioni senza concorso sono sicuramente clientelari, visto che già anche quelle con concorso lo erano. Tuttavia  bisognava truccare e maneggiare. Mentre adesso il clientelismo è stato semplicemente legalizzato.
Lo scardinamento del concorso pubblico è avvenuto  con il diretto consenso quando non attiva  partecipazione delle OO.SS, che hanno sottoscritto la nuova tipologia di contratto;  OO.SS a cui l’ultima cosa che interessa è la par condicio al momento dell’accesso al posto di lavoro, e che non vedono l’ora di brigare per assumere le persone col sistema comparativo (quello del compare) al fine di allargare, fin dalla costituzione del rapporto di lavoro,  la propria sfera di influenza in interi settori della Pubblica Amministrazione,  che ormai sono delle vere e proprie loro colonie. E’ inutile rammentare che dalla Rivoluzione Francese fino alla nostra Carta repubblicana, l’accesso ai posti e alle carriere in Organi o Aziende retti  da  esborso di denaro pubblico è garanzia di democrazia  dei destini se avviene  tramite pubblica e imparziale selezione. Così oggi non è più. Per questo scempio tranne il grande Sabino Cassese, nessuno ha protestato o ne ha fatto elemento di programma politico.  Mi aspetterei che  il ripristino dei concorsi, di questa elementare e a volte unica forma di  mobilità sociale, rientri  nell’ agenda di chi intende promuovere eguaglianza e giustizia. Ma dispero che accadrà.

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