"l'Unità". Fassina spiega il senso del suo intervento
Alle polemiche politiche, Stefano Fassina risponde con il rigore dello studioso: «Se davvero vogliamo sconfiggere l’evasione fiscale, dobbiamo conoscerla e analizzarla in tutte le sue forme, senza nasconderci la verità. E la verità è che l’evasione fiscale ha una pluralità di cause». Il viceministro dell’Economia ribadisce quanto detto ieri nel suo intervento a un convegno di Confcommercio, nonostante le sue parole abbiano scatenato reazioni immediate da parte del Pd e della Cgil.
Dunque conferma? Esiste anche un’evasione di sopravvivenza?«Certo che esiste. C’è una connessione stretta tra pressione fiscale, spesa ed evasione, ed affermarlo non vuol dire strizzare l’occhio a nessuno né ammettere ambiguità nel volerla contrastare. Semmai il contrario. Per contrastare gli evasori, dobbiamo renderci conto che non sono tutti milionari con grandi patrimoni in Svizzera o altri paradisi fiscali».
Secondo il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, lei ha comunque commesso un errore politico. Se corretta da un punto di vista scientifico, ritiene che la sua affermazione fosse anche opportuna?
«Avere responsabilità di governo non significa indossare paraocchi che non permettano di vedere la realtà: l’evasione fiscale non nasce solo dall’egoismo delle classi sociali più agiate o dal ribellismo nei confronti di costi della politica ritenuti ingiustificabili e di opere pubbliche considerate solo sprechi. Nasce anche da un apparato produttivo frammentato, con un numero abnorme di microimprese rispetto ai paesi più avanzati - quasi 4 milioni, il doppio che in Francia e in Germania - primitive in termini di struttura gestionale e finanziaria, per una parte delle quali l’evasione è stata sussidio, pur inefficiente e regressivo, alla produzione e all’occupazione».
Evasione patologica ed evasione di necessità, dunque.«Non si tratta di novità. Ho spiegato più volte la mia analisi, prima in un articolo uscito nell’agosto del 2008 proprio sull’Unità, e poi nel libro pubblicato nel 2012, Il lavoro prima di tutto».
Che cosa risponde al capogruppo del Pdl Renato Brunetta, che sul tema l’ha paragonata a Silvio Berlusconi?
«Sono solo strumentalizzazioni senza senso. Berlusconi, Brunetta e Tremonti facevano i condoni per i grandi evasori e gli scudi per gli ingenti capitali portati all’estero. Noi del Pd vogliamo combattere l’evasione fiscale, ma per farlo dobbiamo studiare una serie di strumenti diversi, perchè solo la repressione ci farebbe andare fuori strada».
Quali possono essere gli strumenti adeguati a combattere la cosiddetta evasione di necessità? «Sono le riforme. Servono politiche industriali per far crescere la dimensione delle imprese e politiche energetiche per far scendere il costo dell’energia, che in Italia è superiore del 30% rispetto agli altri Paesi europei. Bisogna riallineare il costo dei servizi bancari e assicurativi alla media Ue, semplificare le procedure fiscali e riformare la pubblica amministrazione».
In questo senso, allora, possono essere strumenti utili anche le iniziative del governo che sono attualmente in discussione su Iva e Imu.
«Certamente docciamo evitare di aggravare ulteriormente il carico fiscale sulle famiglie in difficoltà e sulle imprese più fragili. Per questo credo sia necessario cancellare del tutto l’aumento dell’Iva, al momento solo rinviato al primo ottobre. Diverso, invece, il discorso sull’Imu, che andrebbe considerato insieme ad altre priorità, quali il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali, la condizione dei lavoratori esodati, e le risorse alla scuola pubblica. In questo contesto, non possiamo permetterci di rinunciare ai due miliardi di euro che finirebbero nelle casse dello Stato con l’Imu sulle abitazioni di maggior valore, pari al 15% del totale».
Crede che possa essere questo il punto di caduta del dibattito in corso?
«Il governo Letta è un governo di compromesso tra destra e sinistra. Se la destra sostiene gli interessi delle fasce di popolazione che stanno meglio, noi sosteniamo quelli della maggioranza della classe media e di chi ha redditi da lavoro dipendente. Troveremo un compromesso».
Ma quale 'rigore dello studioso'? mettere in conto un livello 'fisiologico' dell'evasione è come mettere a bilancio del comune le contravvenzioni stradali. Oppure come dire che anche nella migliore società possibile c'è bisogno di polizia e di patrie galere perché furti, rapine e omicidi, si possono sì ridurre con adeguate politiche sociali, ma mai eliminare del tutto (vedi casi Svezia, Canada, ecc.). Ma rimangono pur sempre reati, e ci vogliono polizie, magistrati e patrie galere per acciuffare i manigoldi e punirli in modo adeguato, così come per l'evasione. Ma il nostro 'studioso' - a detta del giornale di partito- non c'è ancora arrivato.
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