Leggendo
le cronache di questo fine settimana all’insegna di Giove pluvio,
si pongono in primo piano – direi si impongono dato il calibro dei
personaggi - due fatti concomitanti: la morte di Dario Fo e il premio
Nobel per la letteratura a Bob Dylan. Insomma, il menestrello
americano e il giullare nostrano, entrambi onorati dello stesso
premio (Fo lo ebbe 19 anni or sono), facendo storcere ogni volta il
naso a più di qualcuno per la presunta estraneità della loro opera
al campo della letteratura. Tuttavia, i simpatici vecchietti
dell’Accademia svedese, autori di scelte così inusuali, hanno
inteso che allargare il campo tradizionale della letteratura sia
degno di essere preso in considerazione, e premiato, laddove avvenga
una contaminazione efficace con altri generi espressivi per opera di
personalità forti e originali, quali per l’appunto Fo e Dylan.
Senza voler entrare nel merito delle rispettive opere e biografie,
che i media stanno ampiamente trattando, mi preme sottolineare due
aspetti che uniscono ma anche dividono i nostri personaggi. Parto dal
titolo, Dario e Bob, due Nobel, una stessa passione. La passione:
quella che muove gli esseri umani a riconoscere sé stessi negli
altri, a cantare insieme l’inno della vita, a viaggiare insieme tra
i flutti dell’esistenza, a provare insieme la gioia, la tristezza,
l’allegria, il disincanto, la rinascita, sempre declinata su di un
palco in piena libertà. Ma anche approcci profondamente diversi alle
tematiche civili, più direttamente politici con Dario, che
sbeffeggia senza ritegno, e quindi da buon giullare, i potenti di
ogni tempo; nei modi di una poetica più intima ma universale, e
quindi da buon menestrello, con Bob. Così che il primo, per
temperamento sempre contro, arrischia scelte politiche discutibili
(ultima in ordine di tempo quell’infatuazione per Grillo che per me
ha dell’irreale, ma non verrà di certo ricordato per questo),
mentre il secondo compare e scompare dalla scena artistica preda
delle inquietudini per un’America ancora confusa e dilaniata, e mai
ricomposta dopo aver perso l’innocenza negli anni ’60 con
l’assassinio di J.F. Kennedy e di M.L. King, e con la guerra del
Vietnam. Contesti culturali e politici molto diversi, così come i
contenuti e le tecniche espressive, ma una sola, profonda e convinta
adesione ai temi e ai valori della migliore umanità.
Marino Contardo
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