venerdì 14 ottobre 2016

Dario Fo e Bob Dylan, due Nobel, una stessa passione

Leggendo le cronache di questo fine settimana all’insegna di Giove pluvio, si pongono in primo piano – direi si impongono dato il calibro dei personaggi - due fatti concomitanti: la morte di Dario Fo e il premio Nobel per la letteratura a Bob Dylan. Insomma, il menestrello americano e il giullare nostrano, entrambi onorati dello stesso premio (Fo lo ebbe 19 anni or sono), facendo storcere ogni volta il naso a più di qualcuno per la presunta estraneità della loro opera al campo della letteratura. Tuttavia, i simpatici vecchietti dell’Accademia svedese, autori di scelte così inusuali, hanno inteso che allargare il campo tradizionale della letteratura sia degno di essere preso in considerazione, e premiato, laddove avvenga una contaminazione efficace con altri generi espressivi per opera di personalità forti e originali, quali per l’appunto Fo e Dylan. Senza voler entrare nel merito delle rispettive opere e biografie, che i media stanno ampiamente trattando, mi preme sottolineare due aspetti che uniscono ma anche dividono i nostri personaggi. Parto dal titolo, Dario e Bob, due Nobel, una stessa passione. La passione: quella che muove gli esseri umani a riconoscere sé stessi negli altri, a cantare insieme l’inno della vita, a viaggiare insieme tra i flutti dell’esistenza, a provare insieme la gioia, la tristezza, l’allegria, il disincanto, la rinascita, sempre declinata su di un palco in piena libertà. Ma anche approcci profondamente diversi alle tematiche civili, più direttamente politici con Dario, che sbeffeggia senza ritegno, e quindi da buon giullare, i potenti di ogni tempo; nei modi di una poetica più intima ma universale, e quindi da buon menestrello, con Bob. Così che il primo, per temperamento sempre contro, arrischia scelte politiche discutibili (ultima in ordine di tempo quell’infatuazione per Grillo che per me ha dell’irreale, ma non verrà di certo ricordato per questo), mentre il secondo compare e scompare dalla scena artistica preda delle inquietudini per un’America ancora confusa e dilaniata, e mai ricomposta dopo aver perso l’innocenza negli anni ’60 con l’assassinio di J.F. Kennedy e di M.L. King, e con la guerra del Vietnam. Contesti culturali e politici molto diversi, così come i contenuti e le tecniche espressive, ma una sola, profonda e convinta adesione ai temi e ai valori della migliore umanità.

Marino Contardo

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