mercoledì 16 maggio 2012

Il Partito o la Corte? Leadership e democrazia. Il processo decisionale nei partiti

"La storia italiana, anche più recente, dimostra che l' alternativa alla pesantezza burocratica dei partiti di vecchio conio è ipotecata da un leaderismo assoluto dove la discussione è bandita, il dissenso non è tollerato, la decisione è prerogativa arbitraria del Capo e del suo cerchio magico. È stato così per Forza Italia, che liquidava come «teatrino della politica» ogni espressione pubblica di elaborazione di una linea politica. I vituperati congressi di una volta sono stati sostituiti dalle conventions in cui l' unico spazio di espressione pubblica è rappresentato dall' inno encomiastico per il Capo. È stato così per la Lega, dove la fedeltà al leader ha conosciuto la degenerazione calcistica e familistica affiorata in questi mesi. Tra i movimenti antipartitocratici italiani, solo il Partito radicale, tuffandosi nell' esperienza della democrazia diretta referendaria, ha arginato l' inclinazione debordante e solipsistica di un leader carismatico." 


Così scriveva ieri sul "Corriere" Pierluigi Battista.
Cos'altro aggiungere? Che un altro partito, l'IDV, è una formazione tutta "casa e bottega" con il suo leader  Antonio Di Pietro tanto da costituirne un tutt'uno (fanno solo  qualche convegno di tanto in tanto ma chi decide e appare in TV in maniera ossessiva è quasi sempre lui). Si aggiunga  che del partito di Casini non si hanno tracce né di congressi né di primarie. Delle formazioni minori non ci curiamo perché sembra siano nate solo per spartirsi i fondi del finanziamento pubblico dei partiti.



In altre parole la forma-partito come la conosciamo noi vive attualmente soltanto nel PD. Forma ritoccata rispetto a quella  "pura" del '900 con la novità delle primarie, su cui c'è molto da discutere, ma che, nel bene o nel male, sono  un tentativo di superamento del vecchio  "centralismo democratico  per quel che riguarda gli oriundi del PCI e il frazionismo eccessivo dei tesseramenti opachi per i provenienti dalla vecchia DC.  L'evoluzione del fenomeno è in atto e non sapremo se le primarie diventeranno la forma stabile della selezione della leadership nel PD. 

Robert Michels  (1876-1936)
studioso italo-tedesco dei partiti politici

C'è solo  da aggiungere al discorso di Battista che la "personalizzazione" e il leaderismo ci sono sempre stati nella vita politica dei partiti: ricordo nelle diverse epoche   i brissotiani, i lassalliani, i bordighisti, ecc ecc,  solo che la leadership (il principio elitario e "aristocratico" nel senso datogli dallo studioso dei partiti Robert Michels) veniva verificata nei congressi, luoghi in cui il partito diventava "contendibile" e trovava il suo capo. Tutto ciò è così dai tempi della Rivoluzione Francese in avanti, in diverse forme e in diverse guise.

 È  chiaro che non tutti i partiti sono stati contendibili: la DC o il vecchio PSI certamente sì: non lo era però il PCI, dove vigeva la cooptazione dei leader (centralismo democratico),  ma in tutti i partiti occidentali grosso modo è stato così, e in Italia è stato così fino all'arrivo dell'Unto del Signore che ha innestato nel nostro panorama politico una solo apparente nuova   forma di leaderismo carismatico (in un Paese che aveva sperimentato un leaderismo tutto particolare quale per  un ventennio è stata una Dittatura).  Non entro nei dettagli per motivi di spazio.


Negli ultimi 20 anni in Italia la forma-partito è stata data per morta, almeno in termini nominalistici, cioè ipocritamente, perché non si sa come altrimenti qualificare un comportamento politico "furbo" che rifiuta il nome ma prende la cosa. Perfino i radicali hanno eliminato il nome "Partito", e infatti sono tutti dei partiti (di fatto, anche se non di nome) narcisisti più che leaderistici: Pannelliani, Berlusconiani, Vendoliani, Bossiani, Dipietristi, Mastelliani, Casiniani e ora... Grillini. In questi partiti, ché tali sono!!!, a differenza del PD - che possiamo definire un partito a "leadership diffusa" -, c'è un vantaggio: si sa  certamente chi comanda... i guai iniziano quando chi comanda non comanda più per diverse ragioni. Cosa succede in questo caso? La liquefazione del partito. Già, perché quanto stiamo sperimentando oggi è che alla forma-partito si è opposta la forma-corte (cerchi magici, Arcore) con nani, ballerine e yesmen che quando il monarca-fondatore è in difficoltà non sanno che pesci pigliare, letteralmente, perché il partito è il Capo e nient'altro, si identifica con lui e trova il perimetro nel suo corpo. ( Attendiamo in questo senso di sapere  come  la vicenda politica di Berlusconi si concluderà).


E allora non è meglio, nel senso di  "più funzionale" per il processo di formazione del consenso,  dentro l'organizzazione partitica e nella società,  una forma-partito esplicita con un leader che è la mediana delle  forze interne al partito  ma che assicura quel "buon senso" che, come diceva Alessandro Manzoni, spesso se ne sta nascosto   per paura di  quel "senso comune", che è sempre ciò che piace o spiace (nella Corte) al Monarca di turno ?
Alfio

5 commenti:

  1. I partiti sono alianti,
    I cittadini l'aria che li sostiene,
    la partecipazione è la brezza che li fa volare
    la politica l'abilità di farli veleggiare

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  2. Una bella immagine, davvero.

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  3. Gli italiani nel 1993 avevano detto con il 90,3% NO AL FINANZIAMENTO
    PUBBLICO AI PARTITI.Nei 1994 e senza vergogna,i partiti tutti, si inventarono i RIMBORSI ELETTORALI.Da allora hanno incassato 3 miliardi di € spendendone effettivamente 1/5.I rimborsi andavano anche a quei partiti che raggiungevano solo 1%,ai partiti che nel frattempo non c'erano più,e se la legislatura durava meno di 5 anni,venivano sommati ai 5 anni seguenti.Una truffa a cielo aperto,senza ritegno i partiti hanno rapinato i propri Cittadini,
    un furto odioso quanto arrogante.Sì, i partiti saranno anche degli alianti,ma invece di volteggiare nell'aria sono adagiati comodamente su 3 miliardi di euro(e non solo)rubati,letteralmente, ai Cittadini.

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  4. Sabino, non ho detto una sola parola sul finanziamento pubblico dei partiti. Mi sono solo interrogato sui meccanismi decisionali della forma-partito. Ho riscontrato che solo nella forma-partito è possibile che si determini una leadership alternativa al leader carismatico che spesso non è altri che il padre-padrone. Infatti nelle aggregazioni politiche (Lega, PDL) che hanno rifiutano la forma- partito è subentrata la corte col principe che decide chi deve essere candidato, chi deve parlare, cosa dire, se rilasciare interviste, se andare in televisione ecc ecc. Nel movimento di Grillo, secondo me, si rischia la stessa modalità del meccanismo decisionale, con probabile implosione finale.

    Sul finanziamento dei partiti la mia opinione è che - come per tutti i partiti europei - debba rimanere, anche se non nelle forme e nella misura attuali ovviamente. Infatti il PD ha avanzato proposta nel senso di una forte riduzione del finanziamento: Bersani ne ha parlato oggi stesso. Il rischio in caso contrario sarebbero le aggregazioni politiche dei miliardari (Montezemolo, Berlusconi), rischio più che concreto. Ti ricordo che "Forza Italia" prima, la "Casa delle libertà" e il PDL dopo, si sono mantenute su fidejussioni personali di Berlusconi.

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  5. Ho voluto solo specificare dove gli alianti(partiti) amano posarsi.Esiste una proposta di legge su questo,la riassumo brevemente:tetto massimo di spese per tutti( anche di chi se lo può permettere).Per avere il rimborso occorrono documentazioni e fatture.Chi infrange queste poche regole avrà decurtato quello che gli è stato rimborsato negli ultimi 5 anni.Questa proposta di legge semplice e con pochi articoli,come le altre di iniziativa popolare o della società civile,vengono regolarmente seppellite in qualche cassetto per non essere mai più riesumate.Purtroppo.

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