Il
20 gennaio 2017, dopo aver prestato giuramento, Donald Trump è
diventato il 45° presidente degli Stati Uniti. La sua elezione nel
novembre scorso aveva colto quasi tutti gli osservatori di sorpresa e
destato non poche preoccupazioni. In campagna elettorale Trump aveva
infatti manifestato propositi di sostanziale rottura col passato
degli Stati Uniti, condannando in blocco quanto fatto dalle
amministrazioni precedenti. Anche le frasi pronunciate al momento del
giuramento sono state di condanna per tutto l’establishment
politico, senza distinguere tra democratici e repubblicani. Ora tutto
il mondo si interroga su cosa farà Trump nei quattro anni del suo
mandato. E’ forse la prima volta che il passaggio da un presidente
all’altro avviene senza che sia possibile immaginare gli scenari
futuri. Trump non ha un passato politico, così come la maggior parte
delle persone di cui intende circondarsi. La scelta di affidare
ministeri importanti a uomini provenienti dal mondo degli affari fa
trasparire una incoerenza di fondo tra chi continua a proclamare di
voler sottrarre il potere ai “poteri forti” per darlo al popolo.
Ma questo non sembra aver turbato i suoi sostenitori, che vengono
prevalentemente dalle regioni più povere (o più impoverite) degli
Stati Uniti e che sono propensi ad attribuire le loro difficoltà
(economiche ma non solo) agli immigrati che tolgono lavoro o a quei
capitalisti che portano all’estero le proprie industrie.
Difficile
pronosticare oggi se Trump metterà in pratica tutto quello che ha
promesso di fare in campagna elettorale o se, alla fine, prevarrà il
condizionamento imposto dal sistema costituzionale americano, basato
sull’equilibrio dei poteri. Infatti, anche se il Congresso è
dominato dai repubblicani, molti di essi non sono allineati con
le posizioni del presidente.
I
mutamenti maggiori sono probabilmente da attendersi sul piano
interno. La più volte proclamata volontà di aumentare i posti di
lavoro per i cittadini americani potrebbe portare a un irrigidimento
nei confronti dell’immigrazione, ma sarà difficile realizzare il
famoso muro al confine meridionale con il Messico, che non ci sta.
Già
le prime scelte indicano comunque un ridimensionamento radicale del
sistema sanitario realizzato da Obama e la fine delle politiche di
tutela ambientale, col ritorno massiccio ai combustibili fossili.
Molto
più difficile immaginare cosa potrà cambiare della politica estera,
anche per la mancanza di esperienza di Trump nel settore. E’
probabile un riavvicinamento a Putin, quanto meno impedendo
l’estensione della NATO ad altri paesi confinanti con la Russia.
Ciò andrebbe anche nel senso di un ridimensionamento della
tradizionale alleanza con l’Europa. C’è anche da aspettarsi
l’introduzione di politiche protezionistiche, che renderebbero meno
agevoli le importazioni dal vecchio continente, ma anche dalla Cina.
Va però tenuto presente che la Cina ha in mano la maggior parte del
debito estero americano e potrebbe procedere a ritorsioni non
indolori. Un grande punto interrogativo sono poi le intenzioni di
Trump verso il Medio Oriente.
Di
fronte a tutti questi interrogativi è ancor più necessario che
l’Unione Europea, non più appesantita dalla presenza britannica,
trovi una politica comune per fronteggiare gli eventi e poter
trattare alla pari con la nuova America di Trump.
Dal
"Sicomoro" del 26 Gennaio 2017 - Alfredo
Canavero – Università Statale MI
Nessun commento:
Posta un commento
Questo blog non è moderato. Si raccomanda perciò un'adozione civile di modi e di toni.