Si
affilano i coltelli all’interno del Pd, la sfida all’Ok Corral è
iniziata. Il regolamento di conti dopo la sconfitta al referendum
costituzionale è iniziato. Si prevedono sfracelli, sangue e vittime.
C’è chi agita le carte bollate (Emiliano), chi farfuglia di
minacce e di garanzie (Bersani), chi di portarsi via l’argenteria
valutata nel 10% dell’elettorato (D’Alema) – un succulento
bottino dopo il ‘tesoretto’ dei DS misteriosamente volato via -,
il tutto sbattuto in prima pagina dal noto giornale vicino ai ribelli
(Repubblica) con titoloni ad effetto. Secondo questi agitatori il
popolo italiano è tutti i giorni in ansia per le sorti del Pd e non
sa darsi pace fino a che non gli si dirà quando il partito si
riunirà a congresso. Insomma è una questione nazionale, un tempo si
chiamava ‘dirimente’, che non se ne può fare a meno pena gravi
conseguenze nelle esistenze di ognuno. Nell’arena i toreri di nuovo
conio (tranne che per l’età) sventolano il drappo rosso (la rossa
bandiera?) e fendono l’aria con lo stiletto affilato che dovrà
colpire al cuore, a partire dalla cervicale, il toro furente ma senza
scampo (Renzi). Sugli spalti sparuti gruppi di azzimati tifosi si
esercitano nell’urlare all’unisono la ola finale quando il toro
stramazza a terra e il torero si inchina per rendere omaggio alla
piccola folla agitando lo stiletto insanguinato. Poi, due robusti
cavalli da tiro trascinano la carcassa sanguinante fuori dal campo
fino alla macelleria ufficiale. Qui viene immediatamente squartato e
i testicoli messi all’asta degli estimatori di tali prelibatezze.
Quando tutto sarà finito, e le fonti germinali del malcapitato
saranno passate fra i villi intestinali, come d’incanto risorgerà
il sol dell’avvenire e una nuova e gioiosa era si aprirà per il
popolo. E vissero felici e contenti.
Le
favole in genere hanno un finale edificante, che riscatta situazioni
di dolore, di abbandono, di soprusi, ma richiedono comportamenti
eroici. E questi di eroico hanno davvero poco, solo il loro smisurato
ego o i loro meschini interessi di bottega o i deliranti proclami
ideologici, nonché il senile risentimento, a tenerli desti.
Finiranno per procurare un danno forse irreparabile al Partito
Democratico, di cui pare facciano parte, alla Sinistra di cui a ogni
piè sospinto tessono le lodi, al Paese tutto che dicono di amare,
perché questi atteggiamenti irresponsabili finiranno per spianare la
strada a populisti e xenofobi di ogni risma. Per poi chiudersi in
conclave a rimuginare su ciò che avrebbero potuto fare e non hanno
fatto, e ad affliggersi per gli errori tattici, strategici e di
principio, salvo uscirne indenni e da facce di bronzo qual sono -
Giachetti usò un’altra espressione, ma sorvoliamo - ricominciare a
concionare … nel deserto.
P.S.
A noi semplici iscritti è dato di sapere che compete alla Direzione
Nazionale stabilire la data del Congresso, e che questa si riunirà a
breve. Sappiamo anche che molti di quei fieri toreri d’antan ne
fanno parte. Spero partecipino, anche perché per quanto non sembri
vero io sono con loro, vorrei come loro un congresso nei prossimi
mesi, a patto che fosse posto al primo punto della discussione il
tema “Come si sta insieme in un partito, non in una chiesa né in
una bolgia”. Assodato ciò, si potrà parlare di elezioni,
alleanze, programmi, ecc. ecc..
Marino
Contardo
5
febbraio 2017
Se la politica è l’arte del possibile, essere un politico dell’impossibile è una contraddizione in termini.
RispondiEliminaDove sono troppi i "politici" dell'impossibile finisce la politica.
Chi/cosa ne prenderà il posto non so, ma non sono affatto tranquillo!
Bruno Fiocca
This wwas great to read
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