Meno male che sta finendo questa campagna per le primarie perché i messaggi e i post su Facebook dei seguaci dell’uno o dell’altro o dell’altro ancora non si possono più leggere. Per carità, va bene la passione, il tifo, la critica dell’avversario dura anzi durissima, ma alcune missive sono improponibili. Mi riferisco soprattutto a quelle che annunciano sfracelli per la sinistra in caso di vittoria del “duca d’Arno”, come lo definisce un catastrofista seguace di Cuperlo. Il quale Cuperlo, a parte qualche caduta di tono nell’indicare Renzi come un Berlusconi redivivo e minacciare rottura implacabili nel partito, è stato quello che è al naturale, cioè un competitor civile con idee raccontate molto bene che probabilmente non prevarranno.
La sua campagna è stata frenata non dalle cose che gli diranno domenica sera: che non ha avuto immagine, che è stato poco combattivo. Cuperlo ha avuto una bella immagine., seria, competente, generosa. E ha combattuto. Aveva alle spalle e sulle spalle le sconfitte del suo (e mio) mondo. Tutto qui. Non una storia solo di sconfitte, perché come ricorda D’Alema, alcune volte si è vinto, ma porta con sè sconfitta storica di una sinistra senza quid, che ha inseguito tutte le mode e che alla fine della parabola si è scoperta lavorista, anti-blairiana, sindacalista, cultrice di un passato di cui si era liberata con leggerezza. Cuperlo ha portato su di sé con onore questa bisaccia, non senza una sua personale responsabilità non avendo negli anni trascorsi mai pronunciato quelle parole di critica che oggi adopera con grade libertà. Il mondo che lo appoggia non è esente da colpe. Ci sono trasformisti anche nel campo di Renzi, e ce ne sono troppi. Ma quelli che apppogiano Cuperlo sono stati al potere della sinistra per tutto un ventennio che non a caso chiamiamo berlusconiano per indicare la subalternità della sinistra in un’epoca culturalmente e politicamente dominata dall’avversario storico.
E’ un gran vizio della sinistra annunciare guai in caso di sconfitta. C’è l’idea che dopo di noi ci sarà il diluvio. Non è così, non è mai stato così. La sinistra ha rivinto quando è cambiata radicalmente nelle idee e nelle personalità che la dirigevano. Con uomini e donne nuovi. In Italia la ricostruzione è più difficile. La demonizzazione della tradizione socialista è stata il grande insulto fatto alla storia del movimento operaio. La cancellazione della tradizione democratica del comunismo italiano assieme all’esaltazione dei suoi difetti e al silenzio sulle sue colpe più gravi, fra cui aver tenuto bloccato il paese per le mancate scelte anti-sovietiche, sono responsabilità irrimediabili. Prendete il caso di Craxi descritto come un ladrone fino a qualche giorno fa quando, d’ improvviso, uno dei suoi inseguitori e accusatori, Gerardo D’Ambrosio, ha dovuto riconoscere che il leader del Psi non si è mai personalmente arricchito nella sua lunga vita politica. Il socialismo italiano è stato sepolto nella questione morale invece di essere criticato nelle sue scelte, molte delle quali più lungimiranti di quelle del Pci, basta pensare a tutte le riforme modernizzatrici, dalla scuola al divorzio alla Statuto, che dobbiamo solo all’iniziativa del Psi e dei suoi esponenti. Persino l’attuale dibattito sulle riforme delle istituzioni deve molto di più a Craxi che al Pci.
Oggi invece si riscopre che non si vuole morire democristiani perchè nel partito nato prevalentemente dalla fusione fra ex Pci e ex Dc sta prevalendo un giovane uomo che viene dalla tradizione cattolica dopo che per anni abbiamo implorato un grande manager cattolico e, quello si, democristiano di prendere le redini della sinistra non avendo noi candidati in grado di vincere le elezioni.
Se vince Renzi non si scioglierà la sinistra, inizierà semplicemente una nuova storia. Ci sarà un leader che spero faccia le cose che dice e che un anti-renziano come me criticherà ogni volta che si mostrerà al di sotto del suo programma e delle sue promesse. I civatiani sono entusiasti delle performance tv del loro giovane leader. Lui è l’anti-Vendola, l’uomo che può pulire gli angolini del sinistrismo politicamente corretto. E’ un bene se avrà molti voti. Ma sarebbe un male se prevalesse perchè nella sua proposta politica c’è persino meno di quello che promette Nichi.
Ho scritto di me che sono anti-renziano volendo sottolineare che l’ho criticato con durezza, che non sono salito sul suo carro ma che ne riconsosco le qualità di combattente e le ragioni modernizzatrici. Del resto questa discussione fra liberisti e anti-liberisti che si sta svolgendo dopo il 2008 sta diventando un po’ comica. Se è chiaro il danno che è venuto al mondo dalle ricette liberiste, la loro sconfitta non ha prodotto il keynesismo del XXI secolo. Non c’è una cultura che prevale, non c’è una ricetta salva-mondo. “Bisogna zercar”, come ha intitolato un suo delizioso libretto Gianni Cuperlo. Ed è per “zercar” che io mi auguro che vinca Renzi.
A me sembra una riflessione mossa da una grande onestà intellettuale. Che sola può costituire il lievito per una riflessione a tutto campo su cosa è e su cosa sarà la 'sinistra' in Italia dopo l'8 dicembre. Perchè non ci saranno sfracelli come profetizzano certe Cassandre della domenica con Renzi segretario del Pd. Certo, un vecchio mondo va archiviato, certe forme pletoriche ed inconcludenti per fingere di prendere decisioni va accantonato, così come l'ideologismo nostalgico che ancora non riesce ad asciugarsi le lacrime per la fine del Pci. C'è un mondo avanti a noi pieno di opportunità come di rischi, un campo di battaglia a tutto campo, che richiede dinamismo e coraggio, oltre -s'intende- la buona vecchia abitudine allo studio, ma per fare non per cazzeggiare.
RispondiEliminaRendo omaggio alla vecchia tradizione del PCI. C'erano le persone più generose e più intelligenti, in una parola, per i miei parametri "migliori" che abbia conosciuto in vita mia. Ma c'era anche molto conformismo e molta ideologia, ossia quel modo di vedere le cose non per quelle che sono nella loro realtà "effettuale" ma per come si desiderava che fossero. Ora, il discorso è troppo lungo, ovviamente, e non è qui il luogo. Basta solo dire che quel modo di vedere le cose era detestato, a torto o a ragione, dalla maggior parte degli italiani. Nel corso del tempo questo ha creato uno spirito di separatezza nel Pci e nei suoi eredi che ha indotto il gruppo dirigente a chiudersi sempre più in se stesso e a ribadire ossessivamente le proprie ragioni. Non taccio dei "ritardi" che si sono accumulati anche nell'accettazione della società esistente, quella in cui viviamo (Occidente + capitalismo) spesso addebitabili alla direzione dubbiosa, incerta anche se onesta dello stesso Berlinguer. Proprio in quegli anni mi ero distaccato dal Pci e dalle sue ragioni. Mi sono avvicinato alla politica con il Pd. Confesso pertanto, come ho già detto, il fallimento dei miei ideali e la "resa" a Renzi. Piuttosto che escludermi del tutto dalla partecipazione alla vita politica lo voto e vedo ciò che accade e accadrà. Alla fine del percorso, personalmente, prenderò le mie decisioni, fermo restando che la mia area "ideale" non ideologica resta una sinistra riformista, che sappia dare all'Italia un futuro e una speranza.
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