Ancora
non mi è nota nei dettagli la proposta dei sindaci della zona su come
combattere la ‘dipendenza dal gioco d’azzardo’, ma rispetto a quanto sento circolare
ho un'idea un po' diversa di come affrontare tali questioni. Come nel campo
delle droghe o dell'alcool, della prostituzione o del fumo, le politiche
proibizioniste hanno sempre fallito, contribuendo a diffondere queste pratiche
e a favorire il loro uso criminale. Si può sempre nascondere la testa sotto la
sabbia e fingere di non vedere, ma se si vuol essere efficaci - e qui penso a coloro
che ambiscono a 'governare' - occorre accantonare il fumo ideologico e teorie sociologiche
a buon mercato per concentrarsi sui risultati. E i risultati vengono non dalla
lotta senza quartiere verso tali fenomeni con mezzi coercitivi ma con
l'approccio educativo (giovani, genitori, comunità), da una parte, e
tolleranza+contenimento dall'altra, con ciò intendendo che tali fenomeni vanno
in una certa misura messi in conto come ineludibili e regolamentati, contenuti
e confinati. Come per molte altre questioni, che hanno a che fare con il comportamento
umano, non c’è una soluzione valida in assoluto, ma piccoli tentativi e sperimentazioni
sul campo possono dare buoni risultati, per quanto sempre provvisori e imperfetti.
Occorre anche ascoltare chi opera professionalmente nei settori delle dipendenze
e degli abusi prima di lanciarsi in campagne di tipo proibizionistico per
valutarne l’utilità e l’efficacia. C’è un’ultima considerazione che mi preme:
guai a pretendere di formare il ‘cittadino perfetto’, più di un sistema
politico e sociale ci ha provato in passato con esiti disastrosi (comunismo,
fascismo, stato etico-confessionale, stato etnico, ecc.), è invece preferibile accettare
un certo grado di imperfezione – e qui si può discutere dove mettere i paletti
che la definiscono – purché sia confinata nel tempo e nel luogo (ovviamente qui
mi riferisco ad individui adulti, raziocinanti
e liberi). P.S. Il campo della discussione è piuttosto difficile e insidioso,
ho espresso un punto di vista più come ipotesi di lavoro che come convinzione
profonda, perciò aspetto con il massimo interesse i contributi che altri
vorranno dare.
La dipendenza è una malattia (ludopatia...) ma lucrare sulla dipendenza è "rubare": lo fanno i trafficanti di sostanze, ma lo ha fatto anche chiunque al governo ha favorito il business delle sale da gioco o, in varie occasioni, non si è opposto, lasciando che il mercato degenerasse ai noti livelli. Certo l'approccio educativo, soprattutto attraverso progetti in collaborazione con la scuola, è il solo efficace nel lungo periodo, ma un paletto, un segnale in controtendenza rispetto a quanto si è visto in precedenza, rientra anch'esso nell'educazione alla legalità.
RispondiElimina98 MLD di € condonati ai concessionari -altro che IMU, 4 MLD, o i 7,5 MLD regalati alle banche-. Oltre al danno sociale si deve sommare anche il costo economico che la ludopatia comporta. Si è riusciti ad allontanare le slot dalle scuole nel raggio di 500m., meno male. Per non parlare di un certo Francesco Corallo, con qualche problema giudiziario che delle slot machine è il re, con un giro di affari di 30 MLD di €. anche lui condonato (ci mancherebbe) dal governo Letta-nipote. I Governi degli ultimi anni hanno infestato di giochi e giochini il Suolo Patrio tanto da far diventare questo Paese una piccola (?) Las Vegas dove lo Stato funge da biscazziere incallito. E' molto più comodo inventarsi giochi piuttosto che lavoro. Soldi sporchi, pochi, maledetti ma immediati.
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