'Dio bono!'
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Debora
Serracchiani a questa affermazione s’è lasciata andare ( vedi Tg de La7) non appena
appresa la notizia della vittoria elettorale in Friuli. Un grido liberatorio,
un’invocazione all’Altissimo, un’espressione di giubilo, o che altro, in una regione
che compete con la Toscana in fatto di attributi al creatore? Padre Turoldo,
dopo il terremoto che squassò la sua terra tra maggio e settembre del 1976 con
più di mille morti, scrisse un editoriale per il Corriere della Sera intitolato
‘Diu indurmidit’, precisando che non di bestemmia si trattava ma di un’invocazione
al Signore per chiedergli: dov’eri in quel momento, mentre le macerie ci
travolgevano, noi, tuo popolo incolpevole, dormivi? Debora oggi esprime – nei modi di una buona
friulana, per quanto d'adozione- la sua ruspante gioia, ma anche la sua meraviglia per una vittoria
sulla quale ormai non contava, dato il vicolo cieco in cui il suo partito s’era
cacciato nei giorni immediatamente precedenti. Queste elezioni hanno premiato
Debora per aver compiuto, dai tempi del suo affaccio in politica, un percorso
lineare, onesto, trasparente, fatto di parole semplici ma dense di significato,
e per aver tenuto un comportamento fatto di coerenza e di lealtà. Non s’è mai
unita a qualche consorteria interna, come quelle che ora si affrontano con le
armi della stupidità, non s’è mai infilata in qualche ‘fondazione’ per
elemosinare qualche incarico per fedeltà. Per quanto vicina sotto molti aspetti
a Matteo Renzi, ha sempre ragionato, e anche sbagliato, con la sua testa. Brava
Debora, Dio bono!
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