Ricordando la festa dei nonni, il 2 ottobre scorso, Giorgio Napolitano ha detto: «Desidero rinnovare a nome di tutte le istituzioni e dell'intera comunità nazionale sentimenti di rispetto e di gratitudine a tutti coloro che stanno vivendo questa particolare stagione della vita, spesso esposta anche a condizioni di disagio, offrendo ai più giovani il grande patrimonio di esperienze, valori e ideali acquisito nel corso della vita». Da un certo punto di vista, queste parole hanno un sapore autobiografico. Giorgio Napolitano, particolarmente nel corso di quest’anno, ha messo a disposizione dell’intero paese il suo patrimonio di esperienze, valori e ideali. Ripercorrere la sua vita è un po’ come ripercorrere la storia d’Italia a partire dal dopoguerra. Ha fatto parte del partito comunista, ma distinguendosi sempre (salvo nell’episodio della repressione sovietica della rivoluzione ungherese) per moderazione. Non mancò di lamentare i ritardi del PCI nel trasformarsi in un vero partito socialdemocratico, sull’esempio della SPD tedesca. E’ stato per questo accusato di aver cambiato opinione, di non essere rimasto fedele alle sue origini. Ma, come lui stesso ebbe modo di dire, la sua storia personale è stata «una storia non rimasta eguale al punto di partenza, ma passata attraverso decisive evoluzioni della realtà internazionale e nazionale e attraverso personali, profonde, dichiarate revisioni».
In altre parole, la riflessione sul modificarsi delle situazioni storiche, lo ha indotto nel tempo a rivedere le sue posizioni, senza restare legato a preconcetti e pregiudizi. Quando è stato chiamato a ricoprire ruoli istituzionali, da presidente della Camera, da ministro dell’interno, da presidente della repubblica, è stato capace di trascenderli, senza mai nascondere, i suoi ideali e le sue passioni. Ha sempre tenuto distinti gli interessi di parte dagli interessi del paese. E questo gli è costato non poco in termini di attacchi da parte di chi lo avrebbe voluto in una posizione più militante. Come capo dello Stato non è restato nella posizione del semplice «notaio della repubblica», tutt’altro. Nei momenti di crisi del paese ha saputo prendere in mano la situazione. Si veda il ruolo avuto nelle crisi recenti che hanno portato alla presidenza del consiglio Mario Monti prima e Enrico Letta poi. Qualcuno lo ha accusato di aver travalicato i limiti imposti al Capo dello Stato dalla Costituzione. Ma i suoi interventi, se non nella forma, nella sostanza non erano certo anticostituzionali. Ha agito per difendere l’unità della Repubblica, assumendosi anche in certi casi un ruolo di supplenza dove gli attori giuridicamente e politicamente designati non erano stati in grado di svolgere il loro mandato. Anche in campo internazionale ha saputo difendere il prestigio dell’Italia, messo in discussione per gli interventi quantomeno improvvidi di alcuni protagonisti della scena politica, guadagnandosi la fama di personalità seria che poteva essere presa sul serio dai grandi della terra. La scelta di votarlo per la seconda volta come presidente della Repubblica, caso mai verificatosi prima d’ora, se da un lato sta a testimoniare la fiducia in lui riposta dalla grande maggioranza delle forze politiche, induce però a porsi qualche domanda sulla capacità di rinnovamento della classe dirigente italiana. I nonni sono importanti, ma prima o poi devono essere sostituiti da figli e nipoti, almeno altrettanto capaci.Alfredo Canavero
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