sabato 12 ottobre 2013

Sulla presunta egemonia culturale della sinistra

Bruno Vespa dice sul “Corriere” di ieri:  ”La storia riconoscerà a Berlusconi di aver dato voce a una parte del Paese che non l’aveva”. Il giornalista che lo intervista: “Gli orfani della Dc, intende?” Vespa: ” Non solo. C’erano moderati anche nel Psi, nei partiti laici minori. Vivevano appartati, subendo l’egemonia politica e soprattutto culturale della sinistra”. 
Abbiamo capito bene? Berlusconi avrebbe cioè dato voce a chi ha governato questo Paese da solo fino ai primi anni ’60 (Dc) e insieme ai partiti minori (Psi, Pri, Psdi, Pli) dai primi anni Sessanta fino al 1994, ossia all’avvento di Berlusconi?  Berlusconi insomma  avrebbe dato una voce politica a chi già comandava prima di lui!?
Quanto all’egemonia culturale:  le università cattoliche in cui si formava la classe dirigente, molte case  editrici (il Mulino, Rizzoli, Rusconi, Mondadori), la Rai, il Cnel, il Censis, le facoltà di sociologia,  tutti i rettorati delle Università erano saldamente in mano ai  Diccì , ai socialisti e al pentapartito, mentre i principali organi di informazione –  ”La Stampa” e il “Corriere”   – erano diretti mica da quel comunistone di Ingrao? Spadolini  (Pri) alternava alla conduzione del “Corriere” quella del Governo…  Inoltre la stampa popolare, ossia gli strumenti dell’egemonia sottoculturale tanto importanti  nel controllo delle coscienze e nell’alimentazione estetica delle masse – “Radiocorriere”, “Sorrisi e Canzoni”, “Oggi”, “Bolero”, “Grand Hotel” ecc erano saldamente in mano alla Dc o a gruppi di potere moderati (gruppo Monti Riefsser, Del Duca) , ossia in mano a quelli che “non avevano voce”.

L’egemonia culturale della sinistra è consistita, forse,  nel pubblicare “Il gattopardo” o “Il dottor Zivago” (una denuncia del comunismo) o nel caldeggiare film tipo “La terra trema” o “Bronte”, o nel fatto che i “comunisti”, quelli della vecchia e della nuova sinistra, erano gli unici a leggere i pallosissimi  libri dell’Einaudi e Laterza (filosofia, storia, saggistica di qualità) che “quelli che non avevano voce” snobbavano ritenendoli  astruserie e fumisterie da slombati,   intenti com’erano,  giustamente, a fare soldi o a occupare posti per sé e i propri figli? O è consistita nel fatto che la sinistra che scriveva (Pasolini e Moravia, Vittorini) contestava spesso la sinistra presunta egemone,  mentre  quella ortodossa sognava il sol dell’avvenir  e si consolava  con le favolette di Gianni Rodari?
A chi ha dato veramente voce Berlusconi? Alla maggioranza silenziosa che già comandava e non leggeva?  O piuttosto come scrive Paolo Sorrentino  (a cui dovremmo fare un monumento solo perché ha messo in circolazione imperiosamente il termine “bellezza“) in “Tony Pagoda”: “Berlusconi ha dato un riscatto estetico all’ignoranza. Non  si era mai vista una concentrazione così corposa di analfabeti sparsi dappertutto a propinarci il loro non sapere su qualsiasi argomento, dalla politica estera fino alle creme da mettere prima di andare a dormire. Una legione infinita di trogloditi che se ne stava compressa al buio sotto i tombini, sdoganata allegramente e gettata con nonchalance a capo di ministeri e telegiornali, discoteche e fattorie.  Con una disinibizione così oscena da fratturare qualsiasi effetto, seppure involontario, di tenerezza”.

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