mercoledì 9 luglio 2014

Errani e l'art. 27 della Costituzione

E’ notizia di ieri che il Presidente della Regione Emilia Romagna Vasco Errani è stato condannato in appello a un anno per aver favorito, nell’ambito delle sue funzioni, la Cooperativa Terremerse presieduta dal fratello Giovanni. Lascia un certo sconcerto che in primo grado i giudici l’abbiano assolto. Ci si chiede: Errani è colpevole o è innocente? Se cioè il suo comportamento nella vicenda dei finanziamenti alla Terramare sia rimasto nell’ambito del lecito, come hanno sentenziato i primi giudici, o sia sconfinato nell’illecito come hanno invece concluso i secondi. In attesa che si pronunci la Cassazione, il nostro si è dimesso dalla carica di ‘Governatore’, dimostrandosi galantuomo,  ma mettendo in moto una catena di inviti a rivedere detta decisione provenienti da ogni ambito del suo partito, il Pd. Renzi stesso si è mosso in suo favore per ricordare il dettato costituzionale che ‘si è innocenti fino al terzo grado di giudizio’. Ma la Costituzione non dice affatto così. L’art. 27 recita che ‘l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva’.  C’è una differenza tra ‘innocente’ e ‘non colpevole’. Nel primo caso l’imputato, cioè ‘l’accusato in forza di un provvedimento del giudice che ne dispone il rinvio a giudizio’, secondo i sostenitori dell’equivalenza può tranquillamente continuare la vita di sempre, salvo limitati provvedimenti cautelativi validi per brevi periodi e solitamente inefficaci, e ciò fino a sentenza definitiva, prescrizione o amnistia; nel secondo caso, la ‘non colpevolezza, crea una sorta di stato di sospensione – né colpevole né innocente in attesa della pronuncia definitiva – che lo esclude da determinate funzioni (esempio: paternità, patrimonio, partecipazioni sociali ed economiche, educazione, e così via). E’come se la società nel dubbio si astenga momentaneamente e per motivi puramente tecnici (i giudizi richiedono tempo) dal comminargli sanzioni o dal proscioglierlo definitivamente, ma nel contempo lo costringe a tenere ‘determinate distanze’ dal corpo sociale. Non si capisce bene infatti a che cosa servano le sentenze intermedie, se non hanno effetti sull’imputato. Forse che affidereste le cure di vostro figlio ad un imputato di pedofilia nell’attesa del 3° grado? Affidereste il vostro portafoglio ad un ladro sol perché si è pronunciato solo il giudice di 1° grado? Vi fareste condurre in auto da un autista condannato per ubriachezza al volante in attesa che si pronunci la Cassazione? I pronunciamenti dei giudici possono essere fallaci, contraddittori, e anche dannosi. E ciò accade, ma molto meno spesso di quanto si pensi. Sotto questo aspetto mi trovo a sostenere la ‘responsabilità civile dei giudici’, con molta cautela, s’intende, e a fronte di fatti gravi documentati. Per il resto sto con Errani, che si dimette da governatore per potersi meglio difendere in giudizio, e colgo con fastidio i pronunciamenti di sguaiata solidarietà dei suoi compagni di partito che hanno più il sapore del richiamo alle ragioni di protezione del ‘gruppo’, se non di consorteria, proprio quanto più volte rimproverato fin nel recente passato ad altre forze politiche, che non di un atteggiamento equilibrato e meditato. Così non si cambia ‘verso’, ma si torna all’antico.     

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