Da "Lettera 43"
In un momento in cui il confronto fra i due Paesi è così avvilente per noi impantanati in una crisi senza fine, che non è solo politica o economica, ma forse antropologica – di “un modello di uomo nazionale” parrebbe-, non vale ancor più il giochino di aspirare ad essere come loro (elezioni in dieci ore, governo certo, stabilità politica impressionante), desiderare ossia bovaristicamente di essere tedeschi o inglesi. Perché innanzi tutto ”gli inglesi stanno in Inghilterra e gli anglomani in Perù” e perché è impossibile rinunciare ad essere noi, in quanto si è italiani “così come si respira” (sulla scorta di Paul Valéry che invece sospirava: ”On est français comme on respire!”) .
In un momento in cui il confronto fra i due Paesi è così avvilente per noi impantanati in una crisi senza fine, che non è solo politica o economica, ma forse antropologica – di “un modello di uomo nazionale” parrebbe-, non vale ancor più il giochino di aspirare ad essere come loro (elezioni in dieci ore, governo certo, stabilità politica impressionante), desiderare ossia bovaristicamente di essere tedeschi o inglesi. Perché innanzi tutto ”gli inglesi stanno in Inghilterra e gli anglomani in Perù” e perché è impossibile rinunciare ad essere noi, in quanto si è italiani “così come si respira” (sulla scorta di Paul Valéry che invece sospirava: ”On est français comme on respire!”) .
Però resta la domanda in sottofondo, lancinante,
insoddisfatta. Ci sarà una ragione perché la Germania è la Germania e l’Italia
è l’Italia? Perché altrove riesce facilmente ciò che per noi è praticamente
impossibile? Ma cosa sarà mai questa Germania?
Un sistema socio-economico che gira a velocità sostenuta e
che non perde energia. Un motore perfetto nel paese che li ha inventati i
motori. Questo sembrerebbe la Germania. Non occorre frequentarla molto,
ma basta, nei viaggi che si è fatti, interrogare qualche amico tedesco e fare
le domande basiche. Come vengono rilasciate le concessioni edilizie? Come
vengono assunti i postini? Qual è il processo di selezione all’Università
o in una grande “Firma” (parola “tedesca” per indicare Ditta)? Ed è vero che i
sindacati sono molto influenti? Sì, ma alla luce del sole (Mitbestimmung),
mentre da noi stanno dietro le quinte e controllano banche e
interi comparti della Pubblica Amministrazione in maniera subdola (con
rinascimentali “pugnali e veleni”) , e piazzando con l’intrigo i loro uomini ai
vertici, e quasi sempre non i più bravi, ma solo i più fidati.
Da noi, scriveva
poco tempo fa Piero Ostellino (un “liberale superiore” lo
definirebbe il Dostoevskij sarcastico dei “Demoni”) grazie alla duttilità
cattolica abbiamo tollerato il crimine e l’ evasione fiscale e l’abbiamo
sfangata ugualmente, piaccia o non piaccia. Un ragionamento a pera, senza
dubbio, che parte dal principio dell’accettazione cinica dell’esistenza o dalla
massimizzazione dei vizi nazionali e avendo come presupposto logico una
concezione elitaria della società, ovvero un gran numero di derubati e uno
piccolo (una élite appunto) di ladri, perché se tutti passassimo il tempo a
rubarci il portafoglio l’un l’altro non resterebbe nessuno a cui rubare.
Prima che lo scrivesse Nietzsche era stato Alberto
Magno a dire che la felicità di un uomo è “diventare ciò che è”.
Diventare für sich ciò che è an sich, in
modo che l’in sé e il per sé trovino
felicità dialettica di realizzazione. (Perdonatemi: sono così avvilito come
italiano che mi lascio andare a questi moti di “idealismo trascendentale”). Ed
è così, probabilmente, che ciascuno in Germania raggiunge un proprio posto
nella società e nell’economia e il sistema non perde energia. Una continuità
evidente nel pensiero tedesco (impressionante la “compattezza” tedesca anche in
filosofia). Ma se da noi, in Italia, siamo tutti un po’ come nella poesia di
Montale “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” come pretendiamo di
sfangarla sino alla fine? Toh, ci sarebbero i tedeschi a cui chiedere di
pagarci il debito con gli Eurobond.
Però non si riesce a capire perché facciano così tanto i
difficili.
In un commento del 19 agosto riportavo un'affermazione della Cancelliera Merkel,che diceva 'Alla solidarietà europea appartiene anche il principio degli sforzi da compiere da parte di chi viene aiutato. Mettere semplice-mente soldi a disposizione, senza disponibilità a riforme di fondo dall'altra parte, è una soluzione che giudico sbagliata fin dall'inizio della crisi'. A me pare che qui si esprima uno dei concetti base della cultura tedesca, quello della 'responsabilità'. Da noi invece si ignora o si finge di ignorare bellamente le conseguenze di comportamenti o di non comportamenti, e tutti si sentono non responsabili di ciò che avviene. E ci si copre un con l'altro mettendo in scena baruffe ridicole. Ora, un tratto antropologico così radicato è difficile da modificare, ma i nostri rappresentanti eletti -che si presume siano più attenti, informati e intelligenti dei loro elettori- dovrebbero almeno fare un'operazione di verità: dire finalmente come stanno le cose (e non affidarsi ad un outsider come Saccomanni, fingendo scandalo).
RispondiEliminaD'accordo, mi piace
RispondiElimina