CAMPOSANTO O
CIMITERO
Tramontato
l’argomento dell’aria che respiriamo, intiepidito quello dei furti nelle case
(ville…) non ancora caldo quello delle zanzare, si torna a parlare del CIMITERO
e degli spazi che lo presentano.
Un tempo lo
si chiamava camposanto, ma coloro che a Cassina rimpiangono riti pagani e
politeistici - non importa se di origine greca o celtica - forse faticano a
vedere il cimitero come un luogo di devozione.
Tuttavia gli
storici considerano il rispetto e il culto dei morti la prima forma di religione e di cultura. L’attenzione e la cura estetica per i luoghi dedicati ai defunti è
sempre stata il primo segno della
civiltà. Anche in tempi in cui di anima nessuno aveva ancora mai
parlato, la peggior condanna per un nemico era negargli la sepoltura.
Lungo
i secoli questa venerazione per i sepolcri, per i luoghi sacri del
mistero, del dolore e dell’amore, non è
mai venuta meno e, ancora oggi, se vogliamo farci un’idea di un luogo,
sia pure di un piccolo paese, guardiamo
il cimitero, specchio
della vita e dell’identità del posto.
Forse perché
il cimitero non ha di fronte la stazione della metropolitana, questo senso di appartenenza a Cassina non è
evidentemente sentito. Da almeno tre anni ne viene segnalato lo stato di
abbandono: spazi di verde incolto si sviluppano a sinistra e a destra dell’ingresso
cimiteriale, dietro a una bacheca per gli annunci istituzionali. Erbe alte, piante secche non rimosse
denunciano trascuratezza e incuria, ma
anche scarsa sensibilità e vuoto di cultura.
Sta di fatto che a distanza di anni e di reiterate segnalazioni,
l’argomento è diventato improvvisamente “sensibile”. Si spera solo di non
risentire le stesse motivazioni che già in passato lo avevano reso
“insormontabile”.
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