Lucia Annunziata passa(va) come giornalista d’area democratica. Qualche vecchia foto la ritrae anche in barca con D’Alema, a comprova di una storica amicizia. (Ma nell’America che lei tanto frequenta difficilmente si vedrebbe un giornalista avvinto in stretta amicizia a un politico…)
Sia come sia, Annunziata non è Sallusti e non viene certo dalla destra giornalistica. La sua prestigiosa carriera è dovuta certamente a bravura e competenza. Eppure – tiriamo a indovinare – in un Paese come il nostro, non sarebbe mai arrivata alla Presidenza Rai da semplice “capace e meritevole” (art.34 C) se non fosse stata percepita, certamente a torto, come “giornalista d’area”.
Ma adesso, giunta alla maturità professionale, giornalista prestigiosa, approdata ad “Aspen Institute” e a “L’Huffington Post”, sente un gran bisogno di distinguersi, di precisare, di puntualizzare soprattutto verso il Pd (oltre che rapsodicamente verso il Pdl). Per obiettività? Per imparzialità? Per terzietà? Perché in America i giornalisti fanno così? Per tutto questo certamente ma anche, forse, per qualcosa di inconfessabile; per quel sentimento controverso che Nietzsche descrive in questi termini in Così parlò Zarathustra: «L’esser troppo obbligati verso qualcuno non stimola la riconoscenza, anzi rende vendicativi: e quando il piccolo beneficio non viene dimenticato, ne nasce a poco a poco un verme roditore». (continua)
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