sabato 2 marzo 2013

Simone Weil, Beppe Grillo e i partiti

Simone Weil
 "Per apprezzare i partiti politici secondo il criterio della verità, della giustizia, del bene pubblico, conviene cominciare distinguendone i caratteri essenziali: - un partito politico è una macchina per fabbricare passione collettiva - un partito politico è un'organizzazione costruita in modo da esercitare una pressione collettiva sul pensiero di ognuno degli esseri umani che ne fanno parte - il fine primo e, in ultima analisi, l'unico fine di qualunque partito politico è la sua propria crescita, e questo senza alcun limite Per via di queste caratteristiche ogni partito è totalitario in nuce e nelle aspirazioni" 

Nel blog di Peppe Grillo campeggia, senza alcun commento questa frase estrapolata da un testo di Simone Weil "Manifesto per la soppressione dei partiti politici".
Da questo brano appaiono evidenti, e sembrerebbero inestinguibili,  alcune funzioni della forma-partito,  alcune positive e altre negative. Passione autentica, indottrinamento, lavaggio del cervello, pulsione autoritaria. Quel che non si capisce - perché l'ottimo Grillo non lo evidenzia-,  è che, per esempio, la pulsione totalitaria è una evidenza concettuale di tutti i partiti, anche del suo. E allora, pensa Grillo di sottrarsi a questa pulsione chiamando il suo movimento e non partito? Pensa davvero che un gioco linguistico sottragga a una struttura organizzata come la sua ogni inevitabile attributo valevole solo per gli altri?

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Sull'argomento è inervenuto oggi 4 marzo brillantemente Gad Lerner su "Repubblica".

Da ultimo il leader 5 Stelle ha voluto richiamarsi a un testo del 1940 di Simone Weil, uscito postumo col titolo “Manifesto per la soppressione dei partiti politici”. Poco importa che la giovane pensatrice francese l’avesse concepito in polemica col totalitarismo stalinista, nell’ambito di un dibattito sulle forme organizzative che avrebbe dovuto assumere la Resistenza all’occupazione nazista. Né importa che quel suo richiamo assoluto ai principi della Rivoluzione francese, degenerata nel Terrore, e allo scetticismo antidemocratico di Platone, già avesse ispirato Maurras e i primi movimenti fascisti d’oltralpe. A Grillo interessa sostenere, con Simone Weil, che “ogni partito è totalitario in nuce”.
Per replicare all’idea M5S di una democrazia senza partiti, nei giorni scorsi è stato diffuso su internet un filmato di Hitler che nel 1932 adoperava contro i partiti della Repubblica di Weimar un linguaggio molto simile a quello grillino: “Noi non siamo come loro! Loro sono morti, e vogliamo vederli tutti nella tomba!”. Ma sono schermaglie di scarso significato.
Sottoposto com’è a una sfida esistenziale, il Partito democratico, in special modo -per via delle sue finalità sociali e dello stesso nome che porta- non può ignorare il trauma dei legami recisi con tanti protagonisti di conflitti economici, ambientali e civili. Non può liquidare come fenomeno di destra la confusa aspirazione a far senza questi partiti così malridotti. L’errore madornale del Pd è stato quello di proporsi la conquista di un voto moderato del tutto esiguo, anziché farsi interprete della radicalità delle questioni etiche e sociali esplose nella Grande Depressione.
Salvaguardare il Partito democratico dal concreto pericolo di demolizione implica quindi una relazione aperta con il nuovo movimento anti-partito. Fino ad aprirsi alle sue istanze partecipative che imporranno al Pd un ricambio generazionale e culturale del gruppo dirigente, oltre che una profonda mutazione organizzativa e di stili di vita. La difesa di una democrazia rappresentativa, come tale fondata sul pluralismo delle formazioni politiche, ma capace di dare voce nelle istituzioni alla partecipazione dei cittadini, nei prossimi anni si configura come l’unica risposta possibile ai diktat autoritari sempre in agguato, quando esplode la rivolta.
Se è vero, infatti, che il progetto di Grillo ha connotati teoricamente rivoluzionari, resta ben singolare la natura del suo movimento: a differenza di Occupy Wall Street e degli Indignados, fenomeni giovanili di critica radicale al sistema capitalistico, il M5S è stato concepito da due maturi benestanti. Sebbene abbiano già raccolto intorno a sé la maggioranza della generazione under 40 sacrificata dal sistema, per ora la instradano in una sorta di lunga marcia nelle istituzioni. Contrariamente alle intenzioni dichiarate da Grillo e Casaleggio, è probabile quindi che per loro sia segnato il destino di dar vita a un nuovo partito. Per l’appunto, la nostra democrazia sopravvivrà solo se dalle macerie nasceranno dei veri partiti democratici.

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