L’Art. 18 dello Statuto dei
Lavoratori
L'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori
s'intitola "reintegrazione sul posto di
lavoro" e disciplina
le conseguenze in caso di licenziamento illegittimo nelle unità produttive con
di 15 dipendenti (5 se agricole). Esso
dispone che il licenziamento possa essere valido solo se avviene per giusta causa o giustificato
motivo.
Tale principio, che era (almeno in parte) già stato
riconosciuto dall’ art. 2119 del codice civile
italiano per i contratti a tempo determinato e per i
licenziamenti senza preavviso, è sancito per i rapporti di lavoro a
tempo indeterminato dall'art. 1 della legge n. 604/1966.
La Legge
15 luglio 1966 n. 604, Norme sui
licenziamenti individuali, con le modifiche della Legge 4
novembre 2010, n. 183 (c.d. Collegato Lavoro) infatti stabilisce:
“ Art. 1
Nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato,…..
il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta
causa ai sensi dell'art. 2119 del Codice civile o per giustificato motivo.)
……………………………………………………………………………………………………….
Art. 5
L'onere della prova della sussistenza
della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro.
Art. 6
1. Il licenziamento
deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione
della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch'essa
in forma scritta,dei motivi, ove non contestuale, ……………………………………………………………………….
A conoscere delle controversie derivanti
dall'applicazione della presente legge é competente il pretore. ………………………………………………………………………………………………………..
Art. 8 (2)
Quando risulti accertato che non
ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo,
il datore di lavoro é tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il
termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli
un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6
mensilità dell'ultima retribuzione …………. “
Il giudice del lavoro,
che in tale valutazione dispone di ampia discrezionalità, valuta
l'applicabilità di una condotta all'una o all'altra nozione decidendo se
trattasi di licenziamento per giusta causa (1) o di licenziamento per giustificato motivo (2) ovvero di nessuna delle due
ipotesi ed in tal caso il licenziamento verrà dichiarato
nullo.
La
Legge 20 maggio 1970 N. 300 – Statuto
dei Lavoratori – Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori,
della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento all’articolo 18 dispone invece che in caso di licenziamento
senza giusta causa o giustificato motivo, ex lege 604/1966, il lavoratore sia
reintegrato nel posto di lavoro e recita
come segue:
"ART.18. - Reintegrazione nel posto di lavoro. Ferma restando l'esperibilità
delle procedure previste dall'art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il
giudice, con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi
dell'art. 2 della legge predetta o annulla il licenziamento intimato senza
giusta causa o giustificato motivo ovvero ne dichiara la nullità a norma della
legge stessa, ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto
di lavoro. Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno subito per il
licenziamento di cui sia stata accertata la inefficacia o l'invalidità a norma
del comma precedente. In ogni caso, la misura del risarcimento non potrà
essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione, determinata secondo i
criteri di cui all'art. 2121 del codice civile. Il datore di lavoro che non
ottempera alla sentenza di cui al comma precedente è tenuto inoltre a
corrispondere al lavoratore le retribuzioni dovutegli in virtù del rapporto di
lavoro dalla data della sentenza stessa fino a quella della reintegrazione………………”
L’art. 18 pertanto nulla dice circa le
cause necessarie per effettuare i licenziamenti dei lavoratori che rimangono la
giusta causa o il giustificato motivo come disciplinati dalla Legge 15 luglio 1966 n. 604.
L’art.18 dello Statuto dei Lavoratori deve
assolutamente essere mantenuto in vita, sia pure con qualche adeguamento ai
tempi nostri, trattandosi di una norma risalente a quaranta anni fa in un
periodo di prepotente ripresa dell’economia nazionale e mondiale; nessuno,
credo, vuole mettere in discussione l’essenza dell’art. 18.
Sono però convinto che vi sia confusione in argomento
e che vengano espresse molte opinioni preconcette. Si teme infatti, stando ai
mass media, che qualora venisse meno l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori diverrebbero
possibili licenziamenti individuali indiscriminati. Non è così: i criteri per
effettuare i licenziamenti individuali sono disciplinati dalla legge citata del
1966 che non sembra essere messa in discussione. Certo che, se con la modifica
dell’art.18 si incidesse sulla legge del
1966, tutto il ragionamento cambierebbe radicalmente.
Le pretese conseguenze negative della norma in
discussione sono dovuti all’estrema durata del contenzioso, spesso di alcuni
anni, per cui all’estrema incertezza dell’esito della controversia si aggiunge il grande ammontare del risarcimento
che il datore di lavoro soccombente è tenuto a versare al lavoratore reintegrato.
Di qui la necessità di introdurre norme procedurali estremamente rapide per i
provvedimenti in materia di diritto del
lavoro.
Come sempre in una materia prettamente tecnica
le “opposte tifoserie” non aiutano la chiarezza del dibattito e la consapevolezza dell’opinione pubblica
NOTE
( 1 ) Licenziamento per giusta causa
Il licenziamento per giusta causa scatta
quando si verifica una circostanza così grave da non consentire
la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto lavorativo (art. 2119 c.c.).
In tal caso il datore di lavoro può recedere dal contratto senza l'obbligo
di dare il preavviso, né l’indennità di mancato preavviso. Si tratta di
casi così gravi da provocare l’interruzione immediata del rapporto di lavoro. ( Licenziamento in tronco )
Generalmente i contratti collettivi
prevedono determinati fatti che legittimano il licenziamento senza preavviso. A
titolo esemplificativo, sono stati ritenuti costituire giusta causa di
licenziamento:
·
il rifiuto ingiustificato e reiterato di
eseguire la prestazione lavorativa/insubordinazione;
·
il rifiuto a riprendere il lavoro dopo
visita medica che ha constatato l'insussistenza di una malattia;
·
il lavoro prestato a favore di terzi
durante il periodo di malattia, se tale attività pregiudica la pronta
guarigione e il ritorno al lavoro;
·
la sottrazione di beni aziendali
nell'esercizio delle proprie mansioni (specie se fiduciarie);
·
la condotta extralavorativa penalmente
rilevante ed idonea a far venir meno il vincolo fiduciario (es. rapina commessa
da dipendente bancario);
·
risse nei luoghi di lavoro o violenze
verso gli altri lavoratori.
Questi gravissimi inadempimenti agli
obblighi contrattuali, ma anche quei comportamenti extraziendali, devono
determinare il venir meno della fiducia posta alla base del rapporto di lavoro.
Il giudice,
chiamato ad accertare la presenza della giusta causa, dovrà pertanto valutare
in concreto la violazione dell’elemento fiduciario, più che lo specifico
inadempimento del lavoratore.
In caso di licenziamento per giusta
causa il rapporto si interrompe immediatamente
e il datore non deve corrispondere alcuna indennità di mancato preavviso
( 2 ) Licenziamento per giustificato
motivo
La motivazione del licenziamento, necessaria per la sua legittimità, può
risiedere nella presenza di un giustificato motivo. In tal caso il
datore di lavoro è obbligato a dare il preavviso al lavoratore (art. 1
L. n. 604/1966). (Licenziamento in tronchetto)
La legge del 1966 prevede, all'art. 3, due ipotesi di giustificato motivo:
La legge del 1966 prevede, all'art. 3, due ipotesi di giustificato motivo:
Giustificato motivo
soggettivo è costituito dal "notevole inadempimento degli
obblighi contrattuali" da parte del lavoratore. Si tratta di ipotesi non
così gravi da non consentire la prosecuzione del lavoro per il periodo del
preavviso quali ad esempio: l'abbandono
ingiustificato del posto di lavoro, minacce, percosse, malattia (superamento
del periodo di comporto).
Giustificato motivo
oggettivo riguarda i casi di licenziamento determinato da
"ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e
al regolare funzionamento di essa", non riguarda pertanto il comportamento
del lavoratore. Tra i casi più frequenti, individuati dalla
giurisprudenza come giustificato motivo oggettivo vi sono: cessazione
dell'attività, fallimento, riorganizzazione aziendale; inoltre la sopravvenuta
inidoneità fisica del lavoratore a svolgere le mansioni assegnategli, la
carcerazione del lavoratore.
In caso di licenziamento
per giustificato motivo, il datore è tenuto a dare un periodo di preavviso,
stabilito dai contratti collettivi, oppure, se vuole estromettere subito il
lavoratore dall'azienda, è tenuto a corrispondere al lavoratore una indennità
di mancato preavviso, pari alla retribuzione complessiva che gli sarebbe
spettata se avesse lavorato durante tale periodo.
Gigi Ubertis
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