martedì 5 marzo 2013

Come si forma la leadership di un moVimento?


Il moVimento cerca di non diventare un'istituzione. Tenta anche di non entrare in contatto con l'istituzione. Si rifiuta categoricamente di mischiarsi con essa, perché ha paura di diventare essa. Si ostina a mantenere la propria purezza, a non contaminarsi, a non integrarsi. Attesta continuamente la propria separatezza e la propria purezza.  Eppure è nel mondo, vive nel mondo e la sua tensione ultima è conquistarlo, farlo proprio. 

Non ha capi, ma solo  garanti, portavoce. Non ha masse da manovrare ma cittadini dove "uno vale uno". Come interfacciarsi col mondo? I capi, i veri capi, ché tali sono, anche se non vogliono essere nominati, chiamati così, tentano il più possibile di tenere il movimento in uno stato aereo, perché sanno che nel momento in cui scenderà dal monte Sinai il movimento diventerà cosa terrena, come le altre,  e loro diventeranno come gli altri. Loro soprattutto i cittadini. Rischiano di diventare a loro volta capi, capetti, e di essere conosciuti, ma soprattutto ri-conosciuti come tali. 

E allora nella messinscena teatrale si accentuano i riti orfici, i riti eleusini e misteriosofici della Rete, ove tutto è trasparente, tranne che il momento decisionale. Anche nella loro comunità il potere ha le sembianze di sempre: quelle degli Arcana imperii, del potere nascosto, che decide lontano da sguardi indiscreti. Il loro lunedì di Arcore!

Ma un meccanismo decisionale di formazione legittima della leadership si impone e si imporrà  prima o poi benché loro, i Capi-Capi, tenderanno a procrastinarlo il più possibile, perché nel momento in cui ciò avverrà, loro dovranno cedere quote di potere, distribuirlo tra i sotto-capi, formare cioè una gerarchia, e, orrore orrore! dare vita a un partito. La cessione della leadership è la certificazione della nascita del partito. Come tutti gli altri? Sì, come tutti gli altri!

Ma nel frattempo i media incalzano e il gioco della selezione della leadership si complica. I media hanno  bisogno di indicare un portavoce e forse saranno loro stessi a fabbricarlo, come è sempre successo nei movimenti studenteschi. Il primo che viene intervistato è il capo. 

La “certificazione” dei leader da parte dei media non può non condizionare un movimento che si rifiuta di definire  le procedure precise e i criteri precisi di selezione della propria dirigenza. La rotazione trimestrale dei capigruppo e il divieto assoluto di interloquire con i media rispondono all'esigenza  di non dar luogo a una leadership reticolare, legittima, ma che inevitabilmente frantumerà la diade dei Cap-Capi. 

Evitare la televisione per quanto possibile allontanerà solamente nel tempo la formazione di leadership spontanee che fatalmente - fra scomuniche, scissioni, tradimenti, piccole tragedie che sussistono nei movimenti dai tempi di Gesù Cristo, dei Giuda, dei Cenacoli - avverrà. Nasceranno i capetti inizialmente per emanazione diretta dei Capi-Capi, poi nasceranno le leadership spontanee (la più telegenica, il più bravo oratore, chi sa scrivere meglio, ecc). Dopo i Pietro nominati da Cristo verranno i Saulo di Tarso, gli apostoli che si conquistano la leadership perché sanno come il fondatore e forse meglio del fondatore interpretare il Verbo...

 Per adesso i Capi-Capi hanno mandato avanti il bravo ragazzo con la faccia comune, low profile, bassomimetica, da impiegato del catasto, e la brava ragazza senza appeal, ma è solo questione di tempo. Scendere dal Sinai significherà entrare nel nostro mondo in cui una faccia, una battuta, una mise conteranno di più di un voto, di un programma, di un problema da risolvere. La mondanizzazione non avverrà tramite la televisione? Avverrà ugualmente. E non sarà la diserzione da Ballarò a evitare questo momento. 

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