lunedì 4 marzo 2013

Il M5S e il Sessantotto

E' stato per primo Michele Serra a stabilire un parallelo tra il Movimento 5 Stelle e il movimento del Sessantotto.
Sto studiando in questi giorni - ai fini della prefazione a un libro su quel movimento - quel periodo di effervescenza sociale e politica che tanto ha inciso sulla società italiana e non solo. In effetti le analogie sono tante. Chiunque studi i movimenti sociali sa che periodi dinamici succedono ciclicamente a periodi organici piuttosto statici e che i periodi di movimento (chiamiamoli anche rivoluzionari) si presentano sotto forma di "effetto catastrofe", come una slavina che viene colta per il fragore che produce e solo quando accade,  ma che è stata preceduta da un silenzioso  accumulo di neve.

Una delle parole ricorrenti dei M5S è una parola napoletana: inciucio, inciuciarsi, inciuciare, ovvero il rifiuto categorico di  mischiarsi con le altre forze politiche e di denunciare ogni atto presente, passato e futuro che tale situazione possa richiamare alla mente. Frequente è tale denuncia di inciucio rivolta a tutti anche alla stampa colpevole di aver "inciucitato" con il potere.
Analogamente nel Sessantotto operò una forte spinta, insieme alla contestazione - ossia al rifiuto del mondo circostante-, alla separazione, a fare "mondo a se".
Allego alcune note del mio lavoro in fieri: 

La separazione.
 La tendenza a “ritirarsi” , a separarsi dalla società dominante, la ricerca di un proprio spazio, di un luogo (in senso fisico, non solamente simbolico) in cui vivere in piena autonomia e libertà, circondati da una comunità di pari, e soprattutto sulla base di un sistema di valori distinto e praticato in piena autenticità: è un fenomeno che attraversa tutti i movimenti  giovanili degli anni ’60.   Il fenomeno riguarderà le componenti sia politiche che apolitiche  dei movimenti giovanili. Rovesciamento simbolico  dell’autorità e creazione di uno spazio proprio, separato e protetto,di sperimentazione di una vita diversa andavano di pari passo.   Si può anzi dire che se un tratto specifico distingue il “sessantotto” in senso stretto, la stagione delle agitazioni studentesche, dalle stagioni più lunghe della nuova sinistra e della controcultura , forse è proprio questo, il congiungersi della volontà di rovesciamento del potere costituito e di quella di creazione di un proprio spazio autonomo, due spinte diverse, anche contraddittorie, che trovano nelle università occupate prima e nelle "comuni" in seguito un momento effimero ma straordinario di equilibrio.

Riti di iniziazione.
Anche per i “pari” l’ingresso in queste comunità separate richiedeva riti di iniziazione  al tempo stesso   che venivano rifiutati con assoluta intransigenza tutti i riti di iniziazione al mondo degli adulti (dagli esami, alla leva, ai riti connessi con la sessualità “legittima”). La separazione, anche fisica, dal mondo adulto era in altri termini una premessa essenziale per la formazione di una “comunità” autentica che ambisse ad andare oltre la fase transitoria dell’adolescenza .

Incorrotta alterità.
Ci troviamo qui di fronte a una delle contraddizioni più intime della storia del ’68, che avrebbe accompagnato come un’ombra quella generazione e la successiva. Fino a esprimersi nella sua forma più coerente ed estrema nel terrorismo politico, dove la separazione dalla società dominante porta a rompere ogni ponte alle spalle di chi la sceglie; dove la comunità giovanile ha la coesione (peraltro effimera) che solo l’esercizio collettivo della violenza può stabilire  [Anna Arendt ] e dove, al tempo stesso, l’esigenza di far giungere al mondo i propri messaggi diviene la principale ossessione. ( Note tratte da Peppino Ortoleva, I movimenti del 1968 in Europa e in America, Editori Riuniti, roma 1998).

Come si vede vi sono forti analogie. Si tratta di vedere,  come scriveva Marx,  se,  come sempre accade quando i fenomeni riappaiono due volte sulla faccia della storia, che la prima  è sotto forma di tragedia e la seconda come farsa.

2 commenti:

  1. A parte il look very beat di Casaleggio che accomuna i due fenomeni in modo sicuramente non casuale, evidenzierei alcune distinzioni che mi sembra di ricordare:
    o la ribellione antiautoritaria degli studenti si diffuse in modo globale nel mondo occidentale
    o in un particolare momento di sviluppo del capitalismo
    o non fu fenomeno prettamente italiano…
    o fu un fenomeno di elites con una coscienza critica e una base teorica che successivamente ha avuto un consenso collettivo…
    Come ieri anche oggi si sono sbriciolate le giustificazioni etiche, economiche e ideologiche della politica tradizionale…, come il M5S i moti studenteschi esprimevano una rivendicazione nuova che non è stata capita. La risposta alla contestazione giovanile del ’68 è stata da un lato pesantemente repressiva, dall’altro le mode culturali dei gruppi beat venivano sfruttate dalla società dei consumi e così banalizzate a livello commerciale.
    Il linguaggio, fatte salve alcune caratteristiche evidentemente datate, è quello - dal ‘900 in poi - dell’eterno ritorno della “sovranità populista”, come si può vedere da due esempi d’epoca:
    “Il movimento studentesco…ha finalmente rotto, coscientemente, con le organizzazioni burocratiche, partiti o sindacati intesi in senso tradizionale. L’apatia e lo scoraggiamento che regnano in larghi strati della società sottomessa sono stati prodotti proprio da queste organizzazioni…” (doc. del Comitato d’azione di Tours)
    “Noi rifiutiamo il dialogo con lo stato capitalista, siamo qui per distruggerlo. Le organizzazioni politiche tradizionali (partiti, sindacati, gruppi di tendenza) sono strumenti completamente scaduti per la lotta di classe: essi non hanno più alcuna ragione di sopravvivere ad una società dalla quale si sono fatti integrare… Noi non pretendiamo di stabilire prima quali strutture prenderanno il posto del vecchio mondo. Noi non ci ispireremo ad alcun modello già codificato…” (Movimento del 22 marzo, nato a Nanterre, leader Daniel Cohn Bendit).
    Mi sono lasciata prendere dall’argomento, anche se non penso che la gente in piazza catturata dal pathos di Grillo sarebbe altrettanto motivata da queste disquisizioni…il senso critico e la consapevolezza collettiva non vanno più tanto di moda…



    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ogni volta che appare un movimento collettivo si cercano analogie, somiglianze, si consulta lo "statu nascenti" di Alberoni ecc Il paradosso è che ogni generazione parte da zero, sembrerebbe. Se si leggesse qualche libro in più si capirebbe che il principio "Uno vale uno" si tentò anche nelle assemblee studentesche, e ciò non impedì la nascita dei leaderini, dei capetti ecc La democrazia diretta neanche in Atene esisteva (basta leggere Luciano Canfora) e il web non è l'apriti sesamo...

      Elimina

Questo blog non è moderato. Si raccomanda perciò un'adozione civile di modi e di toni.