mercoledì 6 luglio 2016

Il dopo Direzione del Pd. D'Alema "Se cade il Governo non è diluvio"

Lo sappiamo, è proprio quando la situazione si ingarbuglia che Massimo D’Alema dà il meglio di sé. Quando il quadro politico comincia a fibrillare, i leader di turno mostrano segni di nervosismo, il Paese rumoreggia, è allora che l’ex premier fa girare al massimo quelle che Poirot chiama “le cellule grigie”, e lo fa ritagliando origami, stringendo gli occhi, esponendo agli interlocutori le mosse sullo scacchiere della Politica. Imitandolo, a metà dei Novanta, Sabina Guzzanti illustrava ogni settimana i “dalemoni”, i piani dell’allora leader della sinistra. Sembra ieri.
Ci risiamo, dunque. Il momento è favorevole per le architetture strategiche del Nostro, perché effettivamente tutti vedono che il quadro politico si sta agitando, a pochi mesi dal cruciale appuntamento del referendum, e le incognite, si sa, ingolosiscono quei leader sempre alla ricerca di nuovi equilibri. O anche non nuovi, come vedremo.
Quindi  D’Alema ha rilasciato un’intervista a Fabio Martini, della Stampa  (http://www.unita.tv/focus/le-riforme-secondo-dalema-tre-punti-per-cambiare/). Tante bordate alla legge Boschi sottoposta a referendum, giudicata poco meno di un obbrobrio, e la prospettazione di una “riforma D’Alema”, imperniata sul superamento del bicameralismo perfetto e la riduzione del numero dei parlamentari: stessi obiettivi, differenti i mezzi. Possiamo ricordare male ma in tanti anni di elaborazione del testo (a partire dal lavoro dei “saggi” insediati da Giorgio Napolitano, 2012), l’ex capo dei Ds aveva tutto il tempo per predisporre un testo organico e orientare così la discussione. Vabbè.
Comunque la cosa interessante è un’altra, cioè la valutazione politica di un’eventuale sconfitta del governo: “Se vince il No e Renzi insisterà a volersi dimettere, dopo di lui non ci sarà il diluvio, semmai il buonsenso“.
E’ forse la prima volta nella storia che contemporaneamente si giudica nefasto un governo ma se ne scongiurano le dimissioni. Curiosamente D’Alema fa la stessa acrobazia dialettica di Marco Travaglio: Renzi fa schifo ma se perde non se ne deve andare. Compiendo il medesimo errore “soggettivistico”, imputando tutto cioè alla volontà di Renzi. E invece, come avrebbe detto il D’Alema di tanti anni fa (e giustamente), in politica c’è “una forza delle cose” che prescinde dalle volontà dei singoli.
E’ così nel caso del referendum: se la riforma Boschi venisse bocciata dal popolo, al governo non resterebbe che fare le valigie. Non è un capriccio, né una minaccia. Né una valutazione del solo premier, visto che la stessa cosa hanno detto Boschi e Padoan, per fare due esempi.
Ma D’Alema, il cui governo cadde per aver perso un paio di Regioni (dunque per molto meno di un referendum popolare), non se ne dà per inteso: “Se cade questa pasticciata e confusa riforma, il Parlamento non soltanto non potrà essere sciolto ma io credo che ci saranno anche un governo, se necessario, e una nuova legge elettorale”.
Evidentemente qui D’Alema configura uno scenario che in questi giorni in Transatlantico va molto di moda: il governo del dopo-Renzi. Sorge il sospetto che sia questa la vera opzione: un governo tecnico, un governo del Presidente, un governo per la Finanziaria, un governo per le legge elettorale, un governo di salute pubblica, un governo elettorale, e quant’altro si può ricavare dall’inesauribile vocabolario della Prima Repubblica: chi dovrebbe appoggiarlo è secondario. Si confida probabilmente nei soliti parlamentari che non vogliono andare a casa, nelle giravolte di questo o di quello, nell’endemico trasformismo italico… Ma questo è un altro “dalemone”, ancora poco chiaro. Appuntamento alla prossima intervista.

Mario Lavia - l'Unità - 6 Luglio 2016

1 commento:

  1. Capita quando un organo di informazione, seppur partitico, perde il suo ruolo che è quello di informare. Non dico l'opinione pubblica nel suo complesso ma, almeno gli attivisti del PD. Succede ciò per il semplicissimo motivo che le notizie vengono indirizzate al proprio segretario e non al puro e sacrosanto dovere di informare per chi ha pagato un euro e cinquanta ma, semplicemente, scrivono per il segretario. Per cui il lettore deve comprare il giornale -pagato per 2 volte- per assistere ai leccamenti vari di "giornalisti" di regime che scrivono per compiacere il segretario del momento. Nessuno ha improntato il referendum "o me o il diluvio" se non lo stesso Renzi. Mi sembra Intellettualmente disonesto dare la colpa a questo e quello. I saggi di Napolitano? Fuffa allo stato brado. Dopo la batosta elettorale si sta pensando di cambiare L'italicum perché quella legge potrebbe favorire il M5Stelle (fra l'altro sempre stato contro e sempre lo sarà), allora si corre ai ripari "spacchettandola" o dando il premio di maggioranza alla coalizione anziché alla lista, con inciucio assicurato. Tutto questo con l'aiuto dell'ex (?) PdR Napolitano, non ancora soddisfatto per il danno arrecato al Paese. Quello che non capisco è il fatto che non c'è nessun attivista di base o dirigente di circolo che pensa e parla dello sconcio che si sta perpetrando dai dirigenti nazionali, Renzi in primis. Dimenticando o sorvolando sul fatto che al PRIMO posto NON c'è il partito ma il PAESE!

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