sabato 13 ottobre 2012

Il voto di scambio


Sia l’arresto di Domenico Zambetti, già Assessore alla Casa Regione Lombardia che l’incredibile vicenda del già Presidente ALER di Lecco Antonio Piazza – al centro dell’attenzione di tutti i giornali  una settimana fa, il quale in un impeto di rabbia e prepotenza buca le ruote dell’auto di un disabile  (vedi dettagli qui) –, sono a mio avviso da mettere in stretta connessione. Entrambi sono catalogabili sotto il capitolo “voto di scambio”. Perché? Dalle intercettazioni ambientali che riguardano Zambetti emergerebbe un presunto caso di compravendita di voti che la magistratura giudicante accerterà. Del caso di Antonio Piazza invece, c’è solo una intervista televisiva (non riversata in Rete) in cui l’uomo politico lecchese, in evidente difficoltà con la lingua italiana, ammette candidamente  che in quei posti (l'ALER) ci si arriva o "per capacità o per voti": lui c'è  arrivato "per voti". E dunque? Questo signore controlla un "pacchetto di voti", e il posto di Presidente ALER gli è stato assegnato evidentemente dall’Assessore alla Casa Domenico Zambetti con il benestare del Presidente Regione Lombardia Roberto Formigoni, certamente per accertata  capacità manageriale,  ma soprattutto, c'è da arguire, "per voti". 

Il dato da cui bisogna partire e su cui forse si è sorvolato è che se c'è qualcuno che compra voti, ci devono essere elettori che li vendono. Questo è il fenomeno centrale da mettere a fuoco. Le cosche mafiose calabresi o di altre mafie sono riuscite a esportare al Nord un modello politico-imprenditoriale-mafioso che per brevità chiamiamo “polimafia” già ampiamente collaudato al Sud e che sta soffocando o  ha già soffocato di fatto la democrazia in almeno tre ragioni italiane (Campania, Calabria, Sicilia). La polimafia gioca su tre fronti: l’acquisizione e la gestione del consenso elettorale; la negoziazione con il mercato politico dei voti controllati; l’ottenimento  di appalti grazie al condizionamento delle macchine amministrative  o  grazie al politico che è sceso a patti con il crimine che quelle macchine dirige e controlla.
Ma questo è un aspetto del voto di scambio, quello apertamente criminale. Ovviamente esiste questo voto di scambio criminale perché esiste  il voto di scambio tradizionale, quello clientelare. Il voto di scambio con risvolti criminali non  si sovrappone a quello di tipo tradizionale, essendone in qualche modo una sua evoluzione  diciamo così gangsteristica . In altri termini: il voto di scambio criminale è sicuramente voto di scambio clientelare, ma non tutto il voto di scambio clientelare evolve in voto di scambio negoziato in ambito criminale.


Partendo dalla premessa che la politica è coniugazione di valori e negoziazione di interessi  ( bravo chi riesce a dirimere lo stretto intreccio!) ci chiediamo: come avviene, nella fenomenologia sociale concreta, questo processo della raccolta e della negoziazione del voto di scambio? Premesso ancora che il voto si polarizza  o verso la componente ideale e valoriale o verso quella materiale e dell’interesse, si danno grosso modo due  tipi di voto: quello di opinione, puro, neutrale, ideale,  e quello di scambio che può andare da quello assolutamente  legittimo in cui la componente ideale è ridotta al minimo (io in quanto aderente a una corporazione  o anche facente parte un gruppo di semplici portatori di interesse, negozio il mio interesse particulare  con un politico che mi rappresenta) fino  a giungere a un vero e proprio voto  di scambio, in senso stretto, in cui affido il mio consenso a un politico in cambio di promesse concrete o di favori futuri. È inutile aggiungere che una società è tanto più libera quanto più esprime voti di opinione (sempre negoziabili e sempre ritirabili essendo non  vincolati  né il votante né il votato)  mentre una società è sempre più condizionata quanto più esprime voti di scambio (che incardinano il votante e il votato in un rapporto reciprocamente vincolante di clientela in cui solitamente prevale un interesse particolare e immediato di un gruppo ristretto).

Orbene, ho avuto modo di conoscere Antonio Piazza  durante il mio biennale soggiorno lavorativo lecchese e di frequentarlo con una certa assiduità fino al punto di poter acquisire delle informazioni dirette e di tipo ambientale che non ho difficoltà a rendere pubbliche in quanto del tutto prive di particolari risvolti confidenziali né tanto meno passibili di censure per quel che concerne il profilo della privacy essendo su tutti i giornali,  ove si tenga presente tuttavia che tutte le considerazioni  di carattere sociologico che svolgerò sono frutto di deduzioni ed elaborazione assolutamente personali.  Ad esempio non è difficile in base a delle semplici considerazioni anche ricognitive dell’apparato locutivo del politico  lecchese  affermare che non è un portatore delle istanze tipiche del voto di opinione (per difendere le quali bisogna quanto meno saperle  articolare in una eloquio  ipotattico, ossia capace di incardinare sintatticamente principali e subordinate, cosa che nel nostro caso non ritorna da una semplice ricognizione acustica).

Antonio Piazza è nativo di  Milena,  (vedi la sua biografia de Il Giorno, qui) comune della provincia di Caltanissetta che un tempo si chiamava Milocca (così è citato in alcune novelle di Pirandello).  Da circa un quindicennio  si è  trasferito  a Valmadrera (LC) dove c’è un  forte insediamento  di milenesi, come per altro verso ce n’è uno altrettanto folto ad Asti (vedi il libro di Giuseppe Virciglio,  Milocca al Nord: una comunità di immigrati siciliani ad Asti , Franco Angeli, Milano 1991).

Milena-Milocca è stato un paese per altro verso oggetto di una indagine etno-antropologica a cura di  Charlotte Gower Chapman,  Milocca a sicilian village,  pagg. 256 - Ed. 1973 (in lingua inglese), la quale  Charlotte Gower, dopo aver trascorso un anno (1928) tra i siciliani nella comunità di Chicago, continua i suoi studi etnici ed antropologici per 18 mesi nel villaggio di Milocca (ora Milena), in Provincia di Caltanissetta, a seguito di incarico ricevuto dall'University of Chicago. Nella sede di origine degli immigrati d'America, l'autrice è a diretto contatto con la mentalità dei siciliani, con le abitudini, le tradizioni, i matrimoni, gli aspetti della vita familiare, i sentimenti religiosi etc. Lo studio su Milocca, scritto in lingua inglese, è un'eccellente monografia della cultura siciliana. Il libro viene adottato in molte università estere, quale testo importante di antropologia. (cito  da questo  sito).

Il libro della Gower Chapman anticipa, nel metodo di indagine se non nei risultati,  quel celebre studio  di Edward C. Banfield sul familismo amorale  (Edward C. Banfield – Le basi morali di una società arretrata – , Il mulino, Bologna 2008, titolo originale A moral basis of a backward society)  che da allora diventerà capitale per chiunque voglia intraprendere studi sul sostrato mentale-culturale di una specifica popolazione. Questi tipi di studi partono da indagini sul campo e si avvantaggiano del metodo della cosiddetta “osservazione partecipata”, cioè l’osservazione diretta dei costumi di una determinata popolazione in un determinato contesto sociale.
Eduard C.Banfield
Ora, ipotizziamo che la Gower Chapman o Eduard Banfield facciano un sopralluogo a Valmadrera a studiare la comunità di siciliani ivi emigrati, o meglio, che vengano nel nostro comune di Cassina de’ Pecchi per meglio essere più chiari. Vi troveranno gruppi di immigrati  omogenei  dal punto di vista  mentale-culturale (istruzione, acculturazione,   inclinazioni comportamentali)  sostenuti  dal principio del familismo amorale che secondo la celebre formulazione di Banfield suona così:  ognuno agisce nella sfera sociale cercando di « massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia nucleare, supporre che tutti gli altri si comportino allo stesso modo». In altri termini il familista amorale secondo Banfield sviluppa comportamenti non community oriented, ha sfiducia verso la collettività e non è disposto a cooperare con gli altri se non in vista di un proprio tornaconto. Il contrario del  familismo amorale è, giova dirlo,  la civcness, il senso civico, ossia avere orizzonti collettivi  proiettati oltre il bene individuale o della propria famiglia.
 
Più interessanti sono i corollari ricavati da Banfield  dalla legge generale del “familismo amorale” e che tornano al caso nostro. Essi sono il punto 12. Il familista amorale si  serve del voto per ottenere il maggior vantaggio a breve scadenza. Per quanto egli possa avere idee ben chiare su quelli che sono i suoi interessi a lunga scadenza, i suoi interessi di classe, o anche l'interesse pubblico, questi fattori non influiscono sul voto, se gli interessi immediati  della  famiglia sono  in qualche  modo coinvolti.  

Il punto 14. In una società di familisti amorali l'elettore ha poca fiducia nelle promesse che gli vengono fatte dai partiti. Egli dà il voto in cambio di benefici già ricevuti  (nell'ipotesi, naturalmente, che esista la prospettiva di  riceverne altri  per il futuro) piuttosto  che per  vantaggi promessi. 

Dalla rete: una significativa elaborazione
 del carattere morale
del magistrato inquirente
 Ilda Boccassini
Il punto 16, invece pecca di notevole ingenuità e chiede di essere aggiornato alla luce delle inchieste che stanno riguardando tutti i fenomeni del voto di scambioEsso recita: Sebbene gli elettori siano disposti  a vendere i voti, in una società di  familisti amorali non esisterà una stabile e solida macchina politica, per tre  motivi: a) essendo la votazione segreta, non c'è modo di controllare se chi è stato pagato per votare in un certo modo lo faccia poi effettivamente [ipotesi non vera: alcune inchieste ai tempi delle preferenze hanno dimostrato il contrario. Ndr]; b) un'organizzazione di questo tipo non offre sufficienti vantaggi immediati perché qualcuno impegni in essa energie e capitali; c) come abbiamo  spiegato sopra, in ogni caso è difficile dare vita e mantenere organizzazioni formali di qualsiasi tipo.  [Quest’ultimo punto sembrerebbe anch’esso sconfessato dalle indagini recenti della Procuratrice aggiunta Ilda Boccassini].  

Ora, appare evidente che se io sono in grado di dialogare, seppur nel tipico  spazio politico della negoziazione degli interessi, con una folta  comunità omogenea di paesani, riesco già a controllare, facendo leva sul familismo amorale, un pacchetto di voti di cento famiglie che moltiplicato per una media di tre-quattro componenti (famiglia numerosa o patriarcale  allargata) fa tre-quattrocento consensi. Con questo semplice mezzo della comunicazione interfamiliare (altro che volantini e blog, caro Roberto!)  io mi sono fatto già un pacchetto di voti che posso negoziare in qualsiasi momento.

Cosa mi chiedono i miei elettori? Non diritti ma favori, o meglio favori che travolgano i diritti altrui, favori  che bordeggino le regole o le infrangano addirittura. Da questa semplice base elettorale la successiva elezione corredata da incarichi (saranno prescelti  quelli relativi ai bisogni primari: la casa, l'urbanistica,  l’assistenza, i servizi sociali) può e solitamente lo fa, allargare la mia base elettorale al di là del nucleo familista originario. Insomma sono diventato una potenza elettorale cui nessun politico (anch'esso amorale, anzi immorale)  può fare a meno, perché non è con le opinioni che si raccolgono i  consensi ma con i voti sonanti, e i voti come il denaro non puzzano (pecunia non olet).

Da qui il salto successivo alla negoziazione in ambito criminale il passo è breve, ma qui il vostro sociologo improvvisato lascia la penna ai magistrati.
Alfio Squillaci

5 commenti:

  1. Penso che votare chi rispecchia le mie opinioni o chi rappresenta i miei interessi corporativi, professionali o, come si sarebbe detto una volta, di classe, di ceto sociale e di estrazione culturale, non è voto di scambio. Come si insegna ai bambini a non accettare mai le caramelle da sconosciuti, i cittadini e ancor più i politici dovrebbero aver imparato a non accettare mai favori da nessuno: dal favore alla richiesta di scambio il passo è breve e, va da sè, da lì al ricatto malavitoso è brevissimo...patetico e inutile farsi venire gli scrupoli a posteriori (come la Lega!). Franca

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Infatti distinguo tra il voto "di scambio che può andare da quello assolutamente legittimo in cui la componente ideale è ridotta al minimo (io in quanto aderente a una corporazione o anche facente parte un gruppo di semplici portatori di interesse, negozio il mio interesse particulare con un politico che mi rappresenta) fino a giungere a un vero e proprio voto di scambio, in senso stretto, in cui affido il mio consenso a un politico in cambio di promesse concrete o di favori futuri". Ammetto che è difficile distinguere il voto di scambio in base a un interesse corporativo da quello di tipo familistico e clientelare da un punto di vista scientifico o di studio. Esso avviene per slittamenti progressivi impercettibili...ma un politico dovrebbe ormai avere i sensori per capire qual è il limite, non attendere le inchieste giudiziarie.

      Elimina
    2. Ma quali sensori! E' il fruscio del denaro il rumore di fondo e non servono certo i sensori per riconoscerlo.

      Elimina
  2. Il problema del voto di scambio si risolve facilmente e in due modi:

    1) Dall'alto, abolendo le preferenze. Vi sembra possibile che in una regione con 10.000.000 di abitanti si sia eletti con 11.000 voti? In tutte le elezioni che non siano quelle comunali bisogna avere collegi uninominali e elezioni con il doppio turno. Chi dice che le preferenze servono ai cittadini per sciegliere i candidati mente, le preferenze servono i gruppi di potere per eleggere i loro uomini.

    2) Dal basso, scrivendo sempre la preferenza anche quando non si conosce nessuno dei candidati. Cosi' facendo, con centinaia di migliaia di voti di preferenza, i 4000 voti della 'ndrangheta non serviranno a nessuno.

    RispondiElimina
  3. La prima ipotesi mi sembra imperativa, la seconda più difficile da realizzare. A chi parla di "preferenze" come strumento democratico controbatto che non ce le possiamo permettere. E ricordo il film di Daniele Luchetti "Il portaborse" (1993), interpretato superbamente da Nanni Moretti.

    RispondiElimina

Questo blog non è moderato. Si raccomanda perciò un'adozione civile di modi e di toni.