Ho pensato di pubblicarlo sperando di fare cosa gradita a chi non riceve la newsletter ..... sperando di aprire anche un dibattito sull'attualità del Concilio.
A cinquanta
anni dalla sua apertura il Concilio Vaticano II resta ancora un tema vivo e di grande attualità.
Si è
discusso e si discute tuttora sulle scelte fatte, sui documenti presentati e approvati
in quella che è stata la più grande assemblea deliberante della Chiesa
cattolica. Ci sono stati tentativi di
rallentare o
impedire le riforme introdotte allora, ma nessun papa le ha ritrattate.
Alcune
riforme, come l’introduzione delle lingue vive nella liturgia, il rinnovamento dei
riti con lo spostamento degli altari, sono ormai entrate nel vissuto quotidiano
dei fedeli.
L’apertura
verso le altre confessioni cristiane ha portato ad un rapporto diverso con
queste, sostituendo il dialogo all’anatema. La Chiesa, come diceva Giovanni
XXIII, preferisce usare la medicina della misericordia.
E’ stato
condannato l’antisemitismo e si sono modificati i rapporti con gli ebrei,
definiti da Giovanni Paolo II «i fratelli maggiori».
Certo, come
ogni documento storico, anche i testi del Concilio pur non mancando in vari
punti di valore profetico, sono figli del proprio tempo.
Solo qualche
giorno dopo l’apertura del Concilio scoppiò la crisi dei missili a Cuba e il
mondo fu sull’orlo della Terza Guerra mondiale. Il superamento della crisi,
grazie anche all’intervento di
Giovanni
XXIII, permise l’inizio di una nuova fase di politica internazionale e non fu
senza conseguenze anche sui lavori del Concilio. Si veda, per fare un solo
esempio, l’ampio riconoscimento tributato alle istituzioni internazionali che
operano per la pace, come l’ONU,
fatto nella
Gaudium et spes.
La Chiesa,
attraverso il Concilio, prendeva coscienza dei «segni dei tempi» e li interpretava
alla luce del Vangelo. La testimonianza della fede doveva avvenire in modo da
essere resa comprensibile dagli uomini e dalle donne di quel particolare tempo.
Non si trattava certo,
come
qualcuno andava dicendo, di cambiare la religione o di modificarla, ma di
illuminare con la fede eterna il tratto di strada che si stava percorrendo.
Questo è,
probabilmente, la più importante eredità che ci ha lasciato il Concilio: saper
adeguare continuamente la missione della Chiesa, dal papa all’ultimo dei
fedeli, alla temperie del mondo in cui si vive; illuminare con il Vangelo la
drammatica vicenda dell’uomo contemporaneo e dargli così un motivo di speranza,
di fiducia. In un’epoca in cui la religione viene spesso usata come copertura
per infami brutalità, l’insegnamento di pace, di tolleranza, di mutua
comprensione che ci viene dalla lettura dei testi conciliari rappresenta uno
stimolo per quei miti che, secondo le parole del discorso della montagna,
«erediteranno la terra».
Alfredo
Canavero
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