Un’
iniziativa potenzialmente lodevole e significativa è stata però subito
attaccata per il mancato rispetto della realtà in cui vivono gli studenti
italiani. La
realizzazione pratica dello spot di apertura è stata infatti affidata ad un
curatore ( il giornalista Riccardo Luna ) che ha scelto autonomamente luoghi,
colonna sonora e persone, compresa la partecipazione di Roberto Vecchioni. Chiunque può notare come il filmato, diffuso
dal MIUR e visibile sul sito, abbia un che di eccessivamente patinato e dia
un’immagine falsata della scuola pubblica: a fare da sfondo, o da pulpito, sono
in realtà gli ambienti della Deutsche
Schule Mailand (nella foto), la scuola tedesca di Milano, ovviamente privata ( retta per
i frequentanti 5400 euro). La produzione ha sbagliato a scegliere la location? Non sembra, stando alle precisazioni del
Ministero e agli interventi del giornalista Riccardo Luna, ideatore della
campagna, che definiscono le critiche “ prive di fondamento”. E’
stato infatti precisato che “il video racconta la scuola italiana nel suo
complesso che, per legge, è composta da scuola pubblica e dalla privata
parificata, tanto che è cambiato il nome stesso del ministero che non si chiama
più pubblica istruzione, ma dell'istruzione” (sic!). Secondo il curatore
dello spot poi la scelta sarebbe caduta
sulla scuola Mailand perché “la produzione aveva bisogno di una location su
Milano, aperta tutto il sabato e con la luce adatta a fare le riprese in un
unico giorno”.
Diverso, ma comunque sibillino,
il commento di Francesca Puglisi (PD):
“Facciamo finta di non aver visto il comunicato del Miur che, tentando di
mettere una toppa sulla vicenda dello spot ministeriale, ne allarga il buco… È
pubblica per la legge di parità la scuola statale e paritaria. E sono
considerate paritarie le scuole comunali e private che svolgono un servizio di
utilità pubblica. Quelle soltanto”.
Intanto, in apertura, la voce suadente del cantautore recita:
“Quando studiavo io c'erano i libri di carta e le lavagne con il gesso,(ora non c’è neppure la carta igienica, viene
la battuta…) ora libri elettronici e
lavagne digitali. Quello che non è mai cambiato è il valore dello studio…”. Quando
c’erano i libri di carta ( per fortuna ci sono ancora!), statale e pubblico erano termini coincidenti: entrambi indicavano ciò che è di tutti, quindi un diritto per ciascuno, gratuito ed equamente distribuito.
Dopo i ministeri Moratti e Gelmini che hanno cambiato
l’intero vocabolario per parlare della
scuola e dei suoi ordini e gradi, dopo i
tagli all’istruzione venduti come riforma della scuola, abbiamo infine bisogno di rifugiarci nei sogni
fantascientifico-tecnologici per rilanciare lo studio? Aiuta forse a prendere
coscienza della realtà, con i suoi punti
di forza e quelli di debolezza? Il rispetto e la valorizzazione dello
studio da quale attenzione alla scuola
può nascere? Forse da un prodotto fasullo come il filmato in questione? Quali
studenti possono uscire da simili aule? Lo studente
“al centro”, come persona, o “lo studente
assente”, dove i valori sono il prestigio e gli abbagli delle nuove
tecnologie? Queste ultime sono strumenti, utilissimi mezzi o feticci, ritenuti
in grado di cambiare di per sé la vita, le menti e le identità?
Dopo vent’anni in cui bidonare la massa illusa è stato lo
sport estremo più praticato dalla politica, abbiamo tutti diritto a un po’ più di trasparenza e di consapevolezza,
di concretezza e di una comunicazione meno “onirica”.
Franca
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