domenica 17 febbraio 2013

Giornata del ricordo - Alcune precisazioni

Stupisce che il Sito del Progetto Cassina Sant’Agata abbia ospitato, senza un commento critico adeguato, un intervento fazioso, impreciso e con un apparato lessicale fuorviante come quello di Marino Fabris del 12 febbraio. La ‘Giornata della memoria (27 gennaio), secondo Fabris, ricorda l’eccidio degli ebrei e dei dissidenti italiani nei campi di sterminio nazisti: eppure sarebbe stato sufficiente rileggere il testo della Legge istitutiva (L. 211/200) per capire che non di eccidio si tratta (termine decisamente riduttivo rispetto all’enormità dell’evento) ma di Shoah, cioè sterminio del popolo ebraico (= eliminazione fisica totale); in quanto al resto, la Legge ricorda ‘le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati’, e non già i ‘dissidenti’, termine general-generico inappropriato in tale contesto. Basti pensare che molti cittadini italiani di origine ebraica erano fascisti convinti, ma ciò non li salvò dalla deportazione, oppure che i soldati italiano internati dopo l’8 settembre nei campi di Germania (circa 600.000) lo furono solo perché ci fu un cambio di alleanze militari e non perché antifascisti, o ancora alle vittime civili colpite solo per rappresaglia: che centra tutto ciò con i ‘dissidenti’?

 In quanto poi alle considerazioni di Fabris sulla ‘Giornata del Ricordo’, anche qui si semina confusione ad arte , accreditando – per esempio  le stime più grossolane degli ambienti di estrema destra sui 20.000 infoibati (stime di studiosi più accreditati dicono di non più di 8.000 vittime). Ora, se volessimo inoltrarsi nella triste contabilità delle vittime potremmo contrapporre agli 8.000 o 20.000 infoibati italiani le decine di migliaia di vittime della repressione fascista sulle popolazioni iugoslave, e fare a gara a che le spara più grosse, e metter in parata i ‘feroci partigiani comunisti di Tito’ contro i miliziani in camicia nera. Non sfiora nemmeno un attimo a Fabris il pensiero che prima della guerra scatenata da Hitler, Mussolini e soci, in quelle terre che vanno dall’Istria alla Dalmazia convivevano da secoli comunità, etnie, culture e religioni diverse, dando origine ad un crogiolo fecondo e unico,- come ha ben documentato Enzo Bettiza nel suo Esilio - e che tutto ciò sia stato irrimediabilmente compromesso proprio dalla furia devastatrice del conflitto, e che – come sempre –  le conseguenze furono pagate dalle popolazioni civili, italiane o iugoslave che siano. Mi permetto di segnalare, infine, il libro  Qui è proibito parlare  di Boris Pahor – scrittore sloveno, nativo di Trieste, già deportato in campo di concentramento nazista, messo a tacere in Jugoslavia per un lungo periodo per aver denunciato gli eccidi (qui il termine è appropriato) compiuti dal regime titoista, tra i quali anche le foibe : una coscienza libera, che in sé riassume tutte le tragedie del secolo scorso, e che può aiutarci in una riflessione più profonda e meditata su quei fatti.
Marino Contardo

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