La più grossa
modifica dell’attuale costituzione riguarda il superamento
dell’attuale bicameralismo paritario che è una delle cause
della lentezza e farraginosità dell’attività legislativa.
Si modificano gli
attuali articoli 55 e 57 dell’attuale costituzione stabilendo che.
È solo la
Camera dei Deputati titolare del rapporto di fiducia del governo;
Il Senato
rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di
raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica
(Regioni, Città Metropolitane, Comuni).
Le leggi le fa la
Camera dei Deputati, il Senato concorre all’attività legislativa
sulle materie che riguardano le Autonomie Locali e i rapporti con
l’Unione Europea.
La Camera è
eletta a suffragio universale, mentre i Senatori (il cui numero è
definito in 100) sono consiglieri regionali e un sindaco per ogni
regione: è prevista una legge per regolare le modalità di elezione
dei membri del Senato.
Su questo
impianto sono state avanzate sostanzialmente due obiezioni:
-
Se proprio si voleva semplificare era meglio eliminare del tutto il Senato: in questa direzione molti anni fa era stata presentata una proposta di legge con primo firmatario il prof. Rodotà. Ritengo questa una obiezione legittima, ma avrebbe tagliato fuori le Autonomie locali dalle decisioni importanti che le riguardano. Va ricordato che l’articolo 5 della Costituzione (che come tutti i principi della carta non viene modificato) dice che la Repubblica riconosce le Autonomie con questo prendendo atto che sono una componente fondamentale della nostra cultura istituzionale. Una camera delle Autonomie è nella cultura profonda dell’Ulivo e della sua concezione dell’equilibrio dei poteri nel paese e finalmente con questa proposta vede la luce;
-
È meglio confermare l’elezione diretta anche dei senatori: se venisse confermata l’elezione a suffragio universale sarebbe impossibile superare il bicameralismo paritario non potendo sostenere che organismi eletti nelle stesse modalità avessero competenze diverse rispetto all’esecutivo. In secondo luogo sarebbe saltato il principio di rappresentanza delle Autonomie che invece il nuovo testo garantisce. L’attuale costituzione prevede che il Senato sia eletto a base regionale, ma chi si è accorto che questo principio garantisce un rapporto con le realtà territoriali?
Questo non
significa che siano risolti tutti i problemi, anzi bisognerà che le
Regioni capiscano che, avendo il nuovo potere di eleggere i
rappresentanti della seconda camera, debbono puntare a migliorare
l’attività legislativa, delegare a Città Metropolitana e Comuni
le funzioni amministrative cosa già prevista, ma non attuata in
molte regioni e soprattutto in Lombardia.
Quindi abbiamo da
una parte un sistema semplificato e dall’altra una novità tutta da
costruire per organizzare meglio i rapporti tra centro e periferia.
Si poteva fare
meglio, ma (come dicono Cacciari e Bazoli) quello che ne viene fuori
è assolutamente migliore della situazione attuale che si tenta di
modificare senza successo da oltre 30 anni.
Sul versante
delle questioni istituzionali il testo della nuova costituzione
prevede:
-
La soppressione delle Province (il cui superamento era stato avviato dalla legge Del Rio che istituisce le Città metropolitane)
-
La soppressione del CNEL che, pensato come organismo di rappresentanza del mondo del lavoro, si era trasformato in una sorta di cimitero degli elefanti;
-
La soppressione della indennità parlamentare per i Senatori
Tutte questioni
che comporteranno un notevole risparmio per la finanza pubblica
La seconda grande
modifica è quella del titolo V della Costituzione che soprattutto
riguarda i rapporti tra Stato e Regioni.
Il nodo politico
su questo punto riguarda la distribuzione delle competenze che nella
precedente modifica, voluta dal centrosinistra; aveva accentuato le
materie nelle quali le Regioni potevano concorrere a definire
la normativa. Questo ha aumentato il contenzioso tra Stato e Regioni
e creato confusione su chi fa cosa in materia ad esempio di energia e
grandi infrastrutture.
Nel nuovo testo
si precisano e aumentano le competenze dello Stato, si reintroduce il
concetto di interesse nazionale che può prevalere su logiche
locali.
Restano alla
Regioni molte competenze esclusive di legislazione e programmazione
in materie rilevanti quali (per citare solo le più rilevanti) il
settore sociosanitario, la pianificazione del territorio, la
promozione del diritto allo studio pur confermando l’autonomia
delle istituzioni scolastiche.
Con una qualche
forzatura vengono dettate due norme che puntano a contrastare gli
scandali che sono avvenuti in questi anni in quasi tutte le Regioni:
-
La retribuzione dei consiglieri regionali non può essere superiore a quella del sindaco del comune capoluogo di regione;
-
Viene vietato il finanziamento autonomo dei gruppi consiliari regionali.
Tutto questo, a
giudizio di alcuni commentatori, è sbagliato perché lede
l’autonomia e il prestigio delle regioni. Va detto che sulla
questione delle competenze ci sarà modo, attraverso il Senato delle
Autonomie, di correggere eventuali anomalie, mentre sul
ridimensionamento dell’autonomia organizzativa credo sia sacrosanto
mettere un freno che porterà ad un sensibile calo degli attuali
costi dei 20 consigli regionali.
Tra soppressione
delle indennità degli oltre trecento senatori attuali e una
riduzione delle spese di funzionamento dei consigli regionali, avremo
quella forte riduzione dei costi della politica che è uno degli
impegni assunti con i cittadini da tutte le forze politiche.
Per il resto
viene previsto:
-
La possibilità di introdurre nel nostro ordinamento i referendum propositivi;
-
La possibilità per il governo di ottenere una corsia preferenziale per l’approvazione di leggi che attuano il suo programma limitando però la possibilità di emanare decreti legge omnibus come succede oggi;
-
L’aumento da cinquantamila a centocinquantamila delle firme necessarie per depositare una legge di iniziativa popolare anche se vien introdotto un qualche principio di garanzia per la loro discussione e approvazione parlamentare.
Giovanni Mele
Più si assottigliano le speranze della vittoria del SI al referendum più s'ingrandiscono i manifesti. E' probabile che assisteremo alle lenzuolate 6X6 di berlusconiana memoria. Allo stesso tempo si fa incetta di direttori di organi informativi per il sostegno alla causa, allo stesso modo si fa pulizia politica dentro la RAI. In Mediaset non c'è bisogno, le TV di Berlusconi sono ampiamente al fianco di Renzi. I talk della RAI non allineati subiranno la purga, conduttori compresi. chi non è d'accordo con Renzi gli viene cortesemente indicata la porta. Da qui a ottobre ne vedremo delle belle, (già da un paio di giorni sono cominciati i lanci delle annuncite miracolose), i non allineati sono avvisati. Questo governo ha, per così dire, un peccato originale sin dalla sua, non proprio democratica, apparizione.
RispondiEliminaUn governo nato da un intrigo di Palazzo frutto di una congiura a spese di un altro PdC "comandato" e che non ha avuto nessun mandato per cambiare la Costituzione. Se si leggesse attentamente la nuova schiforma, salterebbe subito all'occhio l'incongruenza del super potere governativo a discapito delle opposizioni, includendo l'assenza dei relativi contrappesi istituzionali. Avremmo una sorta di dittatura della maggioranza a discapito delle minoranze parlamentari, col bel risultato di ribaltare completamente lo spirito dei Costituenti del 1948. Strano, ricordo un altro programma/propaganda di un altro toscano. Sarà. Questo Parlamento è stato dichiarato dalla Consulta incostituzionale. come anche incostituzionale è stato dichiarato il premio di maggioranza perché abnorme, idem con patate il Porcellum. E' assolutamente su questi principi bocciati dalla Consulta, che si basa la "nuova" Carta. Un bravo satirico non avrebbe saputo far di meglio.
Anche L'A.N.P.I (finalmente) si è schierata per il NO. Fatevi due conti e datevi una risposta.