Da 13 anni non si facevano concorsi a cattedre e nessuno sa spiegare perché, mentre da 13 anni ci siamo abituati a chiamare “riforme” le tappe di una vera e propria rivoluzione: al centro non più la scuola di tutti e l’alunno-persona, ma la scuola che rispecchia il mio modo di vedere e il genitore- cliente-consumatore. I media dibattono già, sia pure un po’ in sordina rispetto ad altri temi più scottanti (come le singolari tenzoni dell’insulto politico), di posti di lavoro degli insegnanti e di precariato in termini burocratico-quantitativi, piuttosto che per entrare nel merito della qualità dell’insegnamento e della possibilità di valutare gli insegnanti. La trasparenza in questo campo viene considerata ancora da molti una violazione della “libertà d’insegnamento”, come se verifiche e interrogazioni venissero ritenute dagli studenti violazioni della libertà di non studiare...
Modernità, merito, tecnologia e inglese restano le parole più in voga tra i ministri che si sono susseguiti; intanto gli spazi si sono ristretti, semplificati, si evocano i grembiulini (chi li ha più visti?), naturalmente avanti tutta con i vecchi comodi voti, meno ore, organici ridotti, via l’aggettivo “pubblica”contrapposto a “privata”, sostituito da un liberal “paritaria”… fare la scuola di tutti diventa uno sport estremo per pochi docenti fanatici del lavoro e dei vetero-diritti.
Due citazioni per riflettere e ripartire: “(…) la scuola pubblica erogando un servizio a tutti, tende a ridurre la disuguaglianza tra i cittadini in termini di conoscenze e di abilità, presupposto di una quota rilevante di quella in termini di ricchezza, riducendo in particolare il divario che caratterizza coloro che provengono dalle classi sociali più svantaggiate” (Giovanni D’Alessio)
“ La democrazia non ha mai promesso né perseguito l’obiettivo di rendere tutti i cittadini economicamente eguali, ma ha promesso con formale dichiarazione nelle costituzioni e nelle carte dei diritti, di “rimuovere gli ostacoli” che impediscono a uomini e donne, diversi tra loro sotto tanti punti di vista (dal genere al credo religioso alla ricchezza) di aspirare a una vita dignitosa” (Nadia Urbinati)
Franca
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