giovedì 22 agosto 2013

Perché il principio “uno vale uno” in politica è una balla spaziale

Una volta uscito dalla sua fase magmatica di “stato nascente” qualsiasi movimento diventa istituzione cioè movimento organizzato. E in qualsiasi organizzazione c’è chi organizza e chi è organizzato. Si forma cioè una gerarchia di fatto che può nascere anche dalla semplice distribuzione dei ruoli, dove fatalmente un ruolo, anche se a rotazione, anche se temporaneo, diventa gerarchicamente sovrapposto a un altro, “pesa” di più.
In natura  non esistono, neanche nei formicai o nei favi,   organizzazioni perfettamente orizzontali senza leader, senza capi. Se c’è un’organizzazione c’è un capo. È un fatto elementare comprensibile in maniera intuitiva, senza concettualizzazioni ulteriori. Sarebbe come immaginare un romanzo senza personaggi protagonisti ( o deuteragonisti, o comprimari o comparse) o immaginare ontologicamente il salto con l’asta senza asta: è infatti già insita nel nome la cosa.
Da questi principi basilari di sociologia dei movimenti collettivi (Francesco Alberoni ha molti torti, ma è ingiusto non riconoscergli i meriti di autentico studioso) non si scappa. Pertanto se c’è qualcuno del movimento che esce con un comunicato dicendo chiamateci movimento e dice noi non siamo un “partito” né abbiamo “leader” ma siamo ancora un “movimento” e abbiamo solo dei “portavoce” significa che già nei fatti c’è un capo e un’organizzazione, che tende semplicemente a cancellare le tracce semantiche di un’organizzazione gerarchica in perfetto funzionamento.
Chiunque abbia aperto un trattato di sociologia dei partiti (chiamateli come diavolo volete “casa”, “popolo” della libertà, “Movimento” Cinque Stelle, Radicali italiani, Italia dei Valori, Unione di centro ecc, cioè eliminate scrupolosamente il “nome” di partito non avrete però eliminato la “cosa” cioè il partito, ossia una “parte” più o meno organizzata) ebbene si imbatterà nella “ferrea legge dell’oligarchia” elaborata da Roberto Michels (nella foto) già nel 1911, dove “uno vale uno”, l’aspirazione roussoiana della democrazia diretta, è soppiantata dalla formazione “spontanea” delle élite e dove sarà fatale che ci sia sempre “uno” che sarà più uguale degli altri. Michels dirà pure in seguito che “la malattia oligarchica è incurabile” e che a lungo andare l’organo si mangerà l’organizzazione, che cioè fatalmente le élite delle organizzazioni tenderanno a perpetuarsi e a divorare il partito, e noi aggiungiamo anche la società, degenereranno ossia in “partitocrazia”. Ma non occorre in questa fase andare più oltre a prefigurarsi quelle alterazioni insite in ogni organizzazione a carattere strumentale.
Negli ultimi 20 anni in Italia la forma-partito è stata data per morta, almeno in termini nominalistici, cioè ipocritamente, perché non si sa come altrimenti qualificare un comportamento politico “furbo” che rifiuta il nome ma prende la cosa. Persino i radicali hanno eliminato il nome “Partito”, e infatti sono tutti dei partiti (di fatto, anche se non di nome) narcisisti più che leaderistici: Pannelliani, Berlusconiani, Vendoliani, Bossiani, Dipietristi, Mastelliani, Casiniani e ora… Grillini. In questi partiti, ché tali sono!!!, a differenza del Pd – che è l’unico temerariamente a non rifiutare il termine screditassimo di “partito”e che possiamo definire un partito a “leadership diffusa”-, c’è un vantaggio: si sa  certamente chi comanda… i guai iniziano quando chi comanda non comanda più per diverse ragioni. Cosa succede in questo caso? La liquefazione del partito. Già, perché quanto stiamo sperimentando oggi è che alla forma-partito si è opposta la forma-corte (cerchi magici, Arcore, lo Staff di Casaleggio-Grillo) con nani, ballerine o yesmen che quando il monarca-fondatore è in difficoltà non sanno che pesci pigliare, letteralmente, perché il partito è il Capo e nient’altro, si identifica con lui e trova il perimetro nel suo corpo. ( Attendiamo in questo senso di sapere  come  la vicenda politica di Berlusconi si concluderà).
E allora non è meglio, nel senso di  ”più funzionale”, per il processo di formazione del consenso,  dentro l’organizzazione partitica e nella società,  una forma-partito esplicita con un leader che è la mediana delle  forze interne al partito  ma che assicura quel “buon senso” che, come diceva Alessandro Manzoni, spesso se ne sta nascosto   per paura di  quel “senso comune”, che è sempre ciò che piace o spiace (nella Corte) al Monarca di turno ?
Un’ultima annotazione. Cosa si fa in genere quando si passa da “movimento” a “istituzione? Ci si dà delle regole, chiamatele anche “non statuto”, sempre delle regole saranno. E la prima cosa che si leggerà in filigrana in queste regole (date da qualcUno, da un “Mosè” che vi dirà che gliele ha date Dio in persona, e voi ci crederete) sarà che il principio “uno vale uno” è una balla logica, ontologica, fenomenica e noumenica. Una favola per gonzi insomma.

12 commenti:

  1. Ti riferisci anche a Cassina immagino con Etica & Cambiamento ?

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  2. A tutte le formazioni populiste che su questo principio, falso, ma alto e nobile, intendono semplicemente prendere il potere. Anche un altro scienziato della politica, Gaetano Mosca, aveva individuato la cosiddetta "formula politica", ossia tutto quell'apparato di argomentazioni, spesso dissimulate, ma alte e nobili con cui un singolo o un gruppo politico aspirano a prendere il potere. Non ti diranno mai: voglio il potere perché mi procura più piacere ed è meglio che fottere, ti diranno: o che ogni potere viene da Dio, o perché lo vuole il popolo o perché vogliono instaurare il regno di Dio in terra, ossia la perfetta democrazia diretta dove ogni persona vale un'altra, la cosiddetta democrazia diretta o orizzontale. E' una formula subdola che nasconde disegni egemonici e pericoli nettissimi per la collettività. A Cassina il Gruppo Etica & Cambiamento & Patella ha consegnato il nostro comune alle destre. (La scuola italiana è la più grande in assoluto in tutti i tempi relativamente alla scienza politica, e conta i nomi di Machiavelli, Guicciardini, Mosca appunto, Michels, Pareto e Gramsci per alcuni aspetti).

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  3. Pericle Atene, 495 a.C. – 429 a.C


    "Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi.
    Ed è per questo che viene chiamato: “democrazia”.
    QUI AD ATENE NOI FACCIAMO COSI’!
    Le leggi, qui, assicurano una giustizia uguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza: quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito: e la povertà non ne costituirà un impedimento.
    QUI AD ATENE NOI FACCIAMO COSI’!
    La libertà di cui noi godiamo si estende anche alla vita quotidiana, noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo, se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
    Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e, tuttavia, siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
    Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private; (ma, soprattutto non si serve dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private!)
    QUI AD ATENE NOI FACCIAMO COSI’!
    Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati e ci è stato anche insegnato di rispettare le leggi e di non dimenticare mai coloro che ricevono offesa e ci è stato insegnato anche di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
    QUI AD ATENE NOI FACCIAMO COSI’!
    Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile, e, benché in pochi siano in grado di dar vita ad una politica, tutti, qui ad Atene, siamo in grado di giudicarla; noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
    Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.
    Insomma io proclamo Atene la scuola della Grecia e che ogni ateniese cresce portando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso e la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione.
    Ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero!
    QUI AD ATENE NOI FACCIAMO COSI’! "

    Qui a Roma si formano governi coi delinquenti.

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  4. Tutti sanno che il discorso di Pericle era il discorso di Pericle... è come chiedere ad Andreotti com'era il suo governo... Leggere Canfora e non i manifesti negli studi dei dentisti...

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    1. Scusa Alfio, leggo la tua risposta solo ora. Una sola puntualizzazione: non ho letto il discorso di Pericle in uno studio dentistico, magari! L'ho letto dal barbiere, il quale ha diviso in 3 quel discorso. Infatti son dovuto andare da lui per ben 3 volte per poterlo leggere per intero. Cosa vuoi, noi prosaici dobbiamo sempre arrangiarci in qualche modo.

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    2. Non si tratta di essere prosaici, quanto piuttosto di dedicare qualche minuto alle nozioni di fondo (democrazia diretta) del movimento per cui si parteggia, magari disertando qualche articolo del sommelier e attore Andrea Scanzi. Ad ogni modo il manifesto di Pericle gira dappertutto insieme alla poesia falsamente attribuita a Neruda (Lentamente muore) e alla battuta mai proferita da Voltaire: "Non sono d'accordo con quello che dici ecc, ecc". Si tratta infine di fare qualche sforzo per staccarsi dalla cultura Voyager del MoVimento (quella delle scie chimiche e del "chi l'ha detto che per fare il PDR occorre avere 50 anni?" (Lombardi), e di vedere la pochezza intellettuale di Casaleggio &C, e magari di continuare a votarlo per puro spirito di abiezione (del tipo "è ignorante ma ha ragione"). Infine: per ricostruire la democrazia di Atene resta ancora valido il suggerimento di leggere di Luciano Canfora "Il mondo di Atene", Laterza Bari 2011 (la biblioteca di Cassina te lo procura in qualche giorno). Quanto infine al discorso di Pericle: in nessun luogo del suo discorso del "noi facciamo così" troverai allusione alla democrazia diretta, perché NON era così. Poi facciamo un giochino: poni che tra 2500 anni tu debba ricostruire che cosa ha detto e veramente fatto Berlusconi, e trovi come documento un servizio televisivo di Italia 1 o un articolo del Giornale o di Panoramao che riportano un suo discorso ad Arcore e in cui lui dice "noi facciamo così e i magistrati cosà", te la berresti? Uno storico alla Canfora, no, e io seguo Canfora non Casaleggio. Sarò spocchioso, ma il cervello cerco di tenerlo aerato.

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    3. La tua cerchia di "nemici" si allarga, anche Scanzi ha avuto il suo spazio. Tutti rigorosamente incensurati e con la schiena dritta. Ognuno ha i suoi gusti. Per la tua spocchia non avevo dubbi, anche perché ne fai ampiamente riferimento. Per l'aereazione, attento alle correnti, nel PD ce ne sono 400. Con simpatia.

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    4. Scanzi non è un nemico, ma un giornalista da balera, uno che si occupa di vini e ha messo su un teatrino grazie alla notorietà acquisita (il grillismo, come per Gomez che ha aperto boutique al centro di Roma, rende, visto che la platea dei credenti si allarga). Per il resto: unicuique suum... e dai una sbirciatina a Canfora...(Le correnti sono decisamente da preferire, almeno che non prediligi il pensiero unico o le veline uscite dalla Casaleggio & Associati e lette dal portavoce, come prima che scendesse in politica, leggeva le battute di Gino & Michele)...

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  5. Infatti ne 'La fattoria degli animali' di George Orwel il maiale Napoleone era il più uguale di tutti gli altri. Orwell descriveva con la metafora della fattoria il sistema sovietico, dove l'uguaglianza proclamata dal verbo comunista nascondeva la dura realtà dell'oppressione di pochi a spese di tutti gli altri (i milioni di cittadini di tutte le russie e dei paesi satelliti). La teoria del capo può solo descrivere il corrompimento della democrazia, come abbiamo assistito in questi anni in Italia, non certo il suo funzionamento. In democrazia gli eletti, per meriti propri o per fattori di carisma personale, possono assurgere alle più alte cariche ma nel senso che a loro vengono attribuite maggiori responsabilità via via che si sale di grado rispetto ad altri. Ma devono essere pronti a lasciare il passo quando si rivelino non più all'altezza della carica. Insomma non ci sono unti dal signore né salvatori della patria, e nessuno è insostituibile anche quando proclami la sua assoluta devozione al bene del popolo: quando lo fa è il momento di sostituirlo. In quanto poi alle vicende di Cassina, per scendere terra terra, mi par di capire che anche Alfio dà credito alla teoria semplicistica e consolatoria del 'lupo cattivo'. Eppure sarebbe sufficiente ripercorrere le cronache dell'amministrazione Ginzaglio per capire che fin dall'inizio -quando ancora Patella era della partita- cominciò lo sgretolamento del Progetto Cassina. Ma gli risparmio tutti particolari, poiché laicamente non ho la pretesa di convincere nessuno delle mie idee, ho solo l'intenzione di poterle esprimere liberamente, e non entro nel merito -se non richiesto o comunque tirato in ballo- delle motivazioni che portano alcuni, anzi direi i più che vissero quei tempi, a cancellare bellamente il passato per dar credito a versioni di comodo per l'oggi.

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  6. Penso di essere testimone privilegiato della vicenda, e non solo per ragioni familiari a tutti note. Non ho difficoltà a rivelare che a metà durata della Giunta Ginzaglio, nella primavera del 2006, Patella mi ha avvicinato e mi ha chiesto, più volte colloqui riservati (almeno due ne ricordo con certezza). In questi colloqui mi ha rivelato dubbi e sospetti sulle scelte e vicende amministrative della precedente Giunta, quando lui era il segretario del partito che esprimeva il Sindaco, bersaglio delle sue illazioni. Durante questi incontri, il cui tema era prevalentemente legato alle scelte urbanistiche già effettuate (residenza Girasole) e future (intervento su zona Parco Sud e conseguente cementificazione di porzioni del territorio) del precedente Sindaco, ciò che più prevaleva era il sospetto e l'illazione. Io gli dissi di andare avanti se c'era qualcosa di più di un sospetto, ma di non mischiare malanimi personali a questioni politiche. Fatto sta che nel corso del tempo, Patella ha indirizzato il suo fuoco polemico direttamente verso il sindaco del momento, Simona Ginzaglio, con lo scopo a mio avviso, di sottrarla al presunto condizionamento del precedente sindaco ma con l'intento palese di egemonizzare la situazione politica e amministrativa del nostro paese sulla base della mera cultura del sospetto, che NON sempre, caro sindaco di Palermo Orlando "è l'anticamera della verità" (l'espressione è sua). Fatto sta che ad appena sei mesi dalla scadenza della Giunta e dalle nuove elezioni e dopo una serie di pressioni psicologiche sul Sindaco e un esposto alla Procura della repubblica, una votazione sfiducia Ginzaglio. Parteciparono al voto sfavorevole personaggi variopinti adesso spariti, fortunatamente, dalla scena pubblica, con le motivazioni più strane: qualcuno, parlò addirittura di un atto di "distruzione creativa". Fu invece una manovra ben orchestrata, ove tuttavia qualche protagonista esibiva profili di disagio psicoanalitico: Patella per esempio faceva pagare per proiezione su una le accuse rivolte a un altro, dove quest'altro era un po' anche lui, visto che facevano parte dello stesso partito, DS, di cui lui era il segretario. Intendo dire che Patella inconsciamente voleva punirsi con un atto autodistruttivo per la precedente sua esistenza politica, per il suo passato che non passava e verso cui si sentiva a disagio, non aderendo forse del tutto al progetto del neonato Pd e forse essendo attratto dalla sussurrata neo-formazione del progetto ALBA, che mai sorse. Su altri personaggi taccio, visto che sono al disotto di ogni considerazione e valutazione. Riassumo: se c'erano profili penali che andavano al di là del sospetto, l'esposto ci stava, ma pare che non ce ne fossero. Aggiungo che non sono informato sugli esiti finali dello stesso: archiviato? ancora in essere? Non so. Se c'erano profili meramente morali (semplici sospetti) un politico si deve chiedere che cosa comporterà l'adozione di comportamenti politicamente devastanti sia sulle persone (Ginzaglio, amministratore che io stimavo e che stimo, era stata investita da un'ondata ignominiosa di sospetti) sia sulle istituzioni in virtù di un esposto che evidenziava profili penali debolissimi e comunque tutti da accertare. Fatto sta che l'esito di quella infausta operazione fu catastrofica sotto tutti i profili, morale, giudiziario e politico e aprì le porte alla giunta di centro destra. Ritengo, personalmente, che l'unico tra coloro che votarono contro Ginzaglio ad avere un progetto politico molto chiaro fosse proprio Patella. Il suo movimento/ lista elettorale, reputo, non fosse l'effetto della caduta di Ginzaglio, ma la causa. E' mia convinzione che fosse comunque uno dei moventi della sfiducia alla Giunta: favorire sull'onda dello "scandalo" la nascita di un nuovo soggetto politico in vista delle future elezioni e porre le basi per un proprio futuro politico. Calcoli, a mio avviso, miopi e un tantinello meschini.

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  7. La tua analisi è più che mai rispondente ed appropriata. Concordo con te anche nel cronoprogramma degli eventi e delle intenzioni Credo che sei riuscito a rendere l'idea di come siano andate le cose a Cassina 7/8 anni fa circa.Aggiungo - per quello che so - che l'esposto alla Magistratura è stato rigettato e non considerarto.
    Grazie Alfio.

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