Abbiamo messo nel sottotitolo del nostro blog la scritta “Notizie e
opinioni dal piccolo e dal grande mondo”, con la pretesa implicita di mettere al centro della nostra attenzione sia il paese
che il Paese. Certamente è nella dimensione locale che la politica trova la sua
spiegazione di prammatica (e anche il suo diabolico fascino), e cioè quell’arte
(perché la politica checché se ne dica non è una scienza) di saper coniugare valori e interessi, idee e (s)vantaggi
individuali e collettivi, passione e calcolo, idealità e norme. Non c’è da stupirsi: la politica
è questa, un fatto ideale e reale insieme nella cui dimensione i cittadini sono chiamati a
valutare ogni giorno il proprio e l’altrui interesse, i propri e gli altrui
valori, e alla fine votare, scegliere, dire questo sì e questo no ma anche questi sì e questi no.
Ma ciò che colpisce di più, talora, nella politica locale,
oltre le problematiche di scarso respiro se viste in un contesto più ampio (la
viabilità, per esempio, ha scarso valore universale, anche se tocca il cittadino
direttamente) è proprio l’effetto “replica”. Chiamo così la recitazione da
parte di un partito politico sul palcoscenico locale delle grandi idee guida
che vengono inscenate sul proscenio nazionale. Ora, per scendere nel caso
concreto, sono “propri” del PDL e del
suo inventore Berlusconi, i valori acquisitivi rispetto a quelli solidaristici,
l’ideologia del fare (il piano casa, l’Aquila new town dopo il terremoto anche
se fermi all’effetto annuncio) rispetto a una presunta tendenza all’inerzia o
al lamento; l’ottimismo fragoroso anche se inconsulto contro un tacciato
pessimismo “interessato” e antinazionale; ma anche l'indicazione del “sogno” rispetto all’appello ai severi
e stringenti diktat della realtà. Non aggiungo le veline e le igieniste dentali
perché esse sono appannaggio non sempre di tutto il Popolo della Libertà, ma
solo di qualche utilizzatore finale.
Se è vero tutto questo, lo spettacolo che viene dato in
periferia rispetto al centro, è quello penoso di replicanti senza fantasia, di
orecchianti senza copione, di scopiazzatori maldestri, di ingenui duplicatori
di schemi mentali forse neanche saputi interpretare nella loro completa
interezza di significato. Da qui l’ “uscita” del nostro sindaco sulla proposta
di PGT, dove il “sogno” (come quello del tunnel) lascia sospettare più
che interessi torbidi (lo dico con chiarezza: per progettare il male occorre anche
una certa professionalità) una vera e propria sventatezza, insipienza, assoluto vuoto mentale.
Il bello è che ci dobbiamo mobilitare tutti ugualmente al fine che tutto questo
carico di inadeguatezza amministrativa non si tramuti in un danno reale, in
costi effettivi per il paese, in sfasci irrimediabili. Dobbiamo impedire, come
è stato scritto qui, che il loro “sogno” diventi il nostro incubo, e che la
farsa si tramuti in tragedia.
Ho letto con piacere questa pagina acuta e garbata e mi viene da pensare che l'ambizione di un partito che coltiva ancora l'orgoglio di essere tale debba essere quella di invertire questa tendenza a una periferia brutta-copia del vertice centrale: c'è stato un tempo in cui nella dimensione locale nascevano idee forti che non potevano essere trascurate a livello superiore, un tempo in cui il singolo comune, una particolare scuola, un limitato luogo di lavoro diventavano laboratori di innovazione, progettualità e organizzazione tali da imporsi poi a livello più ampio. La politica delle idee può e deve ripartire da qui per recuperare la forza e le energie per un'inversione di rotta. Franca
RispondiEliminaGrazie Franca, è proprio come dici tu. L'Italia, più di ogni altro Paese europeo, ha una secolare tradizione di vitale localismo. Partiamo da qui, da Cassina de' Pecchi, per interpretare (anche nel senso scenico a cui alludevo nel testo) il mondo. C'è tutta una letteratura, non solo narrativa, ma anche sociologica, che proprio a partire dalla "small town" individua i processi che si muovono nel grande schermo della vita nazionale.
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