Con la trasformazione in contratto privato del rapporto di lavoro in molti comparti del
Settore pubblico allargato, è accaduto che la prima cosa che è venuta a saltare è stata la selezione dell’accesso al posto tramite il concorso pubblico. Ciò è avvenuto dappertutto oramai grazie a
escamotage fantasiosi che i nostri maestri del diritto e del
rovescio, in un Paese che si vanta essere la culla del diritto
(del diritto che è rimasto in culla, però), sono riusciti a trovare. Per esempio nessuno ha capito perché
la RAI sia ritenuta “pubblica” all’atto dell’esazione del canone (richiesto con
bollettino emanato dall’Agenzia delle Entrate di Torino) e “privata” all’atto
dell’assunzione del personale. Se è pubblica ci vogliono i concorsi, se privata
perché il canone? Dicono gli azzeccagarbugli che ciò accade perché la RAI è SpA
(anche se a capitale parzialmente pubblico). Ma se è privata perché il canone? E se pubblica ci vogliono i concorsi. Le assunzioni
senza concorso sono sicuramente clientelari, visto che già anche quelle con
concorso lo erano. Tuttavia bisognava
truccare e maneggiare. Mentre adesso il clientelismo è stato semplicemente
legalizzato.
Lo scardinamento del concorso pubblico è avvenuto con il diretto consenso quando non attiva partecipazione delle OO.SS, che hanno
sottoscritto la nuova tipologia di contratto;
OO.SS a cui l’ultima cosa che interessa è la par condicio al momento
dell’accesso al posto di lavoro, e che non vedono l’ora di brigare per assumere
le persone col sistema comparativo (quello del compare) al fine di allargare,
fin dalla costituzione del rapporto di lavoro, la propria sfera di influenza in interi
settori della Pubblica Amministrazione, che ormai sono delle vere e proprie loro
colonie. E’ inutile rammentare che dalla Rivoluzione Francese fino alla nostra
Carta repubblicana, l’accesso ai posti e alle carriere in Organi o Aziende retti
da esborso di denaro pubblico è garanzia di democrazia dei destini se avviene tramite pubblica e imparziale selezione. Così
oggi non è più. Per questo scempio tranne il grande Sabino Cassese, nessuno ha
protestato o ne ha fatto elemento di programma politico. Mi aspetterei che il ripristino dei concorsi, di questa
elementare e a volte unica forma di mobilità
sociale, rientri nell’ agenda di chi
intende promuovere eguaglianza e giustizia. Ma dispero che accadrà.
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