venerdì 7 settembre 2012

Un'idea riformista - Aboliamo i contributi all'editoria

Suggerimento per chi vincerà le elezioni nel 2013, speriamo il PD. Rivedere assolutamente, meglio abolire, la legge sui finanziamenti pubblici (diretti e indiretti) all'editoria. Lo so che sarà un massacro, ma occorrerà farlo assolutamente perché la situazione attuale è ingiusta e insostenibile. Penalizza in maniera crudele i giovani precari giornalisti (su cui si reggono ormai le redazioni) e nei fatti forma due categorie di giornalisti:  le grandi "firme",  principali beneficiarie dei contributi pubblici e i precari pagati con compensi di fame. In un lucido articolo sul blog di Beppe Grillo il giornalista free lance de "L'Unità" Nicola Biondo fa il punto della situazione semplicemente scandalosa e chiede che lo Stato all'atto dell'erogazione del contributo pubblico quanto meno imponga una retribuzione minima (si spera dignitosa) per i giornalisti non coperti da contratto (precari). Vi invito a leggere il suo pezzo: è uno sfruttato che scrive.

3 commenti:

  1. Abolirei anche i "Partiti Famiglia" che nascono, ottengono voti riferendosi sfacciatamnte ad una folta categoria di Cittadini (i pensionati appunto) e fanno arricchire una famiglia (Patuzzo se non sbaglio ...!) facendo entrare alla Camera, al Senato ed in qualche Regione membri della stessa. Che ne dite ??

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  2. Si chiamano Fatuzzo. Lì la vedo più difficile. Come sai non c'è una legge che disciplini la formazione, la gestione, l'estinzione dei partiti politici. La Costituzione si limita all'ispirazione del "metodo democratico" della sua attività. Nulla più, per il resto si seguono le norme generali del codice civile. Se non erro è stato Sturzo l'ultimo a proporre una legge di disciplina dei partiti politici. Io aggiungerei anche dei sindacati, come i partiti, fino ad ora delle semplici associazioni di fatto. Tu conosci il "bilancio" dei sindacati, quanti sono effettivamente gli iscritti (certificati) che fine fanno i loro contributi (deleghe), come vengono impiegati i contributi statali ai patronati? Nessuno lo sa. So solo che nel frattempo i sindacati hanno aperto delle vere attività commerciali, come le agenzie di viaggio... Caro Marco, c'è molto da fare...

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  3. Ho letto l'articolo, sul blog di Grillo, come faccio tutti i giorni da circa 7 anni. Ho smesso di comprare i quotidiani cosi detti "indipendenti", dopo aver finito di leggere "la casta dei giornali" di Beppe Lopez. Ho ripreso a comprare il "fatto quotidiano", sin dalla sola idea di farlo nascere. Questo giornale, con la sua apparizione, rompeva gli schemi. Una novità assoluta nel contesto europeo e oltre. Insieme allo sfruttamento economico, che subiscono i giovani giornalisti, subiscono anche uno sfruttamento culturale, morale, intellettuale. Sono inconsapevolmente, o consapevoli, di essere perennemente sotto ricatto. Cosa che si ripercuote sui lettori convinti di leggere un giornale "indipendente". La stampa italiana, è fra le più asservite e conformiste al mondo, non rispettano le distanze di sicurezze fra l'informazione e il potere, non fanno da cani da guardia ai potenti ma da cane da compagnia, da scendiletto, non rispettano il dettato deontologico, secondo il quale, bisogna mettere un "pizzichino" di senso critico su quello che il potere dice e fa. Una miriade di intellettualoidi a esprimere le proprie opinioni, facendole passare per fatti e creando un'opinione pubblica, formata sulle loro di opinioni. Disinformata e a secco di notizie, è l'opinione pubblica che predilige il potere, in queste condizioni non disturberà mai il manovratore, che può manovrare come su un'autostrada deserta senza che nessuno si permette di domandargli: ma, a che velocità stai andando? "Dimmi chi ti finanzia e ti dirò chi sei". mai detto pop. e fra i più azzeccati. La comica grottesca e beffarda è che il potere economico-politico sta invocando da anni il bavaglio alla stampa(oltre alla magistratura,)che a suo dire è troppo libera e certe informazioni non devono passare, sia che trattasi di non interesse giuridico o di interesse collettivo. Zero, non vogliono far sapere niente a nessuno, loro desiderano fare le cose senza che nessuno osa metter becco. 61: è il numero in una classifica mondiale sulla libertà di stampa che l'Italia occupa, Guiana, Samoa, Trinidad e Tobago, Taiwan e altri 55 paesi nel mondo che ci sovrastano. Mi fanno pena e tenerezza e rabbia, sentire i nostri "politici" e "tecnici" invocare il bavaglio sulla libertà di stampa. Un sopruso in piena regola, se già non lo è.

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