domenica 20 maggio 2012

Indignatevi!

 Tratto dal libro "INDIGNATEVI!" di Stéphan Hessel

Il brano che riporto qui di seguito è, secondo me, l'anima degli Indignados, cerchiamo di non banalizzarli.

Dal momento che vediamo rimesso in discussione il fondamento  delle conquiste sociali della Liberazione, noi, veterani dei movimenti di resistenza e delle forze combattenti della Francia libera (1940-1945) ci appelliamo alle giovani generazioni perchè mantengano in vita e tramandino l’eredità della Resistenza e i suoi ideali sempre attuali di democrazia ed economia, sociale e culturale. Sessant’anni più tardi il nazi-fascismo è sconfitto grazie al sacrificio dei nostri fratelli e sorelle della Resistenza e delle Nazioni Unite contro la barbarie fascista. Ma questa minaccia non è del tutto scomparsa, e la nostra rabbia contro l’ingiustizia è rimasta intatta. In coscienza, noi invitiamo a celebrare l’attualità della resistenza non già a beneficio di cause partigiane o strumentalizzate da qualche posta in gioco politica, bensì per proporre alle generazioni che ci succederanno di compiere tre gesti umanitari e profondamente politici nel vero senso del termine, perchè la fiamma della resistenza non si spenga mai:

- Ci appelliamo innanzitutto agli educatori, ai movimenti sociali, alle collettività pubbliche, ai creatori, ai cittadini, agli sfruttati, agli umiliati, affinchè celebrino insieme a noi l’anniversario del programma del Consiglio Nazionale della Resistenza adottato in clandestinità il 15 marzo 1944: Securitè sociale e pensioni generalizzate, controllo dei “gruppi di potere economico”, diritto alla cultura e all’educazione per tutti, stampa affrancata dal denaro e dalla corruzione, leggi sociali operaie e agricole ecc. Come può oggi mancare il denaro per salvaguardare e garantire nel tempo queste conquiste sociali, quando dalla Liberazione, periodo che ha visto l’Europa in ginocchio, la produzione di ricchezza è considerevolmente aumentata? I responsabili politici, economici, intellettuali e la società nel suo complesso non devono abdicare, nè lasciarsi intimidire dall’attuale dittatura internazionale dei mercati finanziari che minaccia la pace e la democrazia..
- Ci appelliamo quindi ai movimenti, ai partiti, alle associazioni, alle istituzioni e ai sindacati eredi della Resistenza affinchè superino le poste in gioco settoriali, e lavorino innanzitutto sulle cause politiche delle ingiustizie e dei conflitti sociali, e non solo sulle loro conseguenze, per definire insieme un nuovo “Programma della Resistenza” per il nostro secolo, consapevoli che il fascismo continua a nutrirsi di razzismo, di intolleranza e di guerra, che a loro volta si nutrono delle ingiustizie sociali.
- Ci appelliamo infine ai ragazzi, ai giovani,ai genitori, agli anziani e ai nonni, agli educatori, alle autorità pubbliche perchè vi sia una vera e propria insurrezione pacifica contro i mass media, che ai nostri giovani come unico orizzonte propongono il consumismo di massa , il disprezzo dei più deboli e della cultura, l’amnesia generalizzata e la competizione a oltranza di tutti contro tutti. Non accettiamo che i principali media siano ormai nella morsa degli interessi privati, contrariamente a quanto stabilito nel programma del Consiglio Nazionale della Resistenza e delle ordinanze sulla stampa dell 1944.
A quelli e quelle che faranno il secolo che inizia diciamo con affetto:
Creare è resistere. Resistere è creare.  




8 commenti:

  1. Riporto per intero un articolo di Pigi Battista dal "Corriere" del 7 marzo 2011...

    E io mi indigno per «Indignatevi!»
    In cima alle classifiche, il libro di Hessel è un concentrato di banalità

    In poche pagine un concentrato di banalità assolute e senza scampo. E questo sarebbe il manifesto programmatico, il grido di battaglia, la bandiera degli indignati di tutto il mondo? Indignatevi! di Stéphane Hessel scala con baldanza le classifiche dei saggi più venduti anche in Italia (ma per fortuna che c' è quello, solido e brillante, di Paola Mastrocola a presidiare le vette). In Francia è stato un successo editoriale strepitoso. Perché tanti lettori diano credito a queste poche pagine zeppe di luoghi comuni e di errori resta un mistero. Hessel è un venerabile signore di quasi novantacinque anni che ha alle spalle una vita ricca e ammirevole. I suoi genitori sono lo scrittore ebreo Franz Hessel e la pittrice Helen Grund, il Jules e la Catherine reali di quello straordinario triangolo amical-amoroso del film di Truffaut che è stato Jules e Jim. Ha combattuto nella Resistenza francese a fianco di De Gaulle, ha lavorato alla stesura della Dichiarazione universale dei diritti dell' uomo, ha coperto importanti ruoli diplomatici. Ma la sua meravigliosa biografia non può mettere le sue tesi raccolte in Indignatevi! su un piedistallo inattaccabile e sottratto agli imperativi della critica. Sostiene, nel suo elogio dell' indignazione, che le cose vanno molto male perché la società francese non ha applicato alla lettera (per fortuna: si può dire?) il programma del Consiglio della Resistenza che prevedeva la statalizzazione dell' economia come premessa della «democrazia economica e sociale». Parla di Israele come di un concentrato di orrore. Si indigna solo per Gaza (non una parola sull' Iran, la Libia, la Bielorussia, su tutti i Paesi che fanno scempio dei diritti umani alla cui difesa lo stesso Hessel ha dedicato molti anni della sua vita) e scrive ipocritamente che «Hamas non ha potuto evitare il lancio di missili sulle città israeliane». Predica contro la violenza ma solo perché è «inutile», la sua scelta per la «non-violenza» non deriva da una filosofia e da una concezione del mondo, ma da un criterio di utilità. Fa suo lo storicismo di Hegel, interpretandolo come «la libertà dell' uomo che, tappa dopo tappa, progredisce». Sostiene che il divario tra i ricchi e i poveri «non è mai stato così significativo», cancellando secoli di storia e ignorando la grande alleanza tra capitalismo e democrazia che, certo, non ha purtroppo cancellato la povertà, ma ha fortemente diminuito le diseguaglianze e le ingiustizie. Il suo consiglio è di «cercare» per «trovare» argomenti su cui indignarsi e così Hessel rovescia l' ordine logico del «prima» e del «dopo». Non dice: ci sono cose che indignano. Ma: cercate motivi per indignarvi. L' indignazione è lo scopo, non la premessa per compiere azioni che possano ridurre le cose negative che funestano il mondo. Un libretto che è una scatola vuota ma segna uno straordinario successo editoriale: questo sì, che indigna.

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  2. Premetto che non sono un indignato: ho sempre preferito cercare le mie responsabilita' piuttosto che quelle degli altri.

    Premetto anche che ho in macchina il pamplet ma che non l'ho mai letto: sto aspettando un ingorgo autostradale che mi obblighi a farlo.

    Dico anche che non reputo l'indignazione uno stato d'animo positivo, l'indignazione fa urlare "al governo sono tutti ladri" e poi non fa niente. Blocca l'azione invece che alimentarla.

    Da quello che so anche per Hessel l'indiganzione e' lo stato iniziale che fa uscire dal torpore, ma l'indignazione non basta (non per niente poi fa pubblicare un secondo pamplet dal titolo "Impegnamoci!"), deve esserci un impegno, non basta dire che le cose non vanno, bisogna anche sapere come dovrebbero andare e impegnarsi perche' vadano in quella maniera.

    D'altro canto l'attacco di Pigi Battista mi sembra fuori luogo e sproporzionato. Innanzitutto perche', anche per dimensioni, il testo e' di poche pretese. E' un pamplet appunto, cito la wikipedia: "L'autore sostiene, con esso, un argomento di attualità o politico in modo volutamente di parte e con intento polemico; ha lo scopo di risvegliare la coscienza popolare su un tema che divide".

    Il guaio e' che spesso queste coscienze si risvegliano, fanno un po' di baccano, si guardano attorno e poi tornano a dormire.

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  3. Anche noi abbiamo avuto i nostri "indignados" ante litteram... i girotondini: chi l'ha più visti? Insomma la politica si può fare in mille modi. Ne proviamo a elencare qualcuno? 1) Partecipando; 2) votando "giusto"; 3) informandosi correntemente e correttamente; 4) sforzandosi di capire il mondo e non solo se stessi ; 5) quando tutti quelli che fanno politica non ti vanno più bene beh allora vieni a farla tu ecc ecc; 6) non chiederti cosa sta facendo l'America per te, ma cosa tu stai facendo per l'America (Kennedy) ecc ecc ecc ecc

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  4. E' esattamente quello che penso. Come scrissi la notte prima delle ultime elezioni amministrative: "Puoi parlare, discutere, arrabbiati, protestare, dire che non lo farai mai piu', ma in democrazia le cose si cambiano con il voto."

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  5. Creare è Resistere.Resistere é Creare!

    Significato etimologico di creazione: dal latino creare,dalla radice kere-di crescere. Sanscrito Karoti-fare,greco kraìno. Da Creare anche Creolo (spagnolo criollo e dal francese créole) nel senso di allevato in casa. Fare dal nulla;fare, produrre, suscitare, nominare.

    Questo ci fa comprendere che le parole hanno forma e sostanza e, spesso, le svuotiamo di senso, le rendiamo sterili polemiche. Questo ci fa perdere l'indignazione e ci rende complici dell'immobilismo attuale.

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  6. ... "creata" anche "serva" nel dialetto siciliano d'origine spagnola ('a criata), ossia cresciuta in casa, perché una volta i servi venivano allevati fin da piccoli in casa in quanto figli di servi... A parte gli etimi non concordo ancora con l'indignazione a comando. Non funziona così: io sono a favore di una "forza tranquilla", a favore di chi NON si indigna perché sa, ha previsto e provvede. L'indignazione scoppia quando la politica non ha funzionato anche per nostra ignavia, disattenzione, malcelato interesse. La politica, solo la buona politica, ci salva dalle rivoluzioni e dalle indignazioni. Non ti posto un altro articolo di Battista (31 maggio 2011, cmq si cerca facilmente su "Corriere.it", archivio) sull 'indignazione settoriale degli "Indignados" (che non è certo a 360 gradi) perché se no facciamo davvero inutile polemica. E poi NON deve valere il discorso "contrario", pericolosissimo: se non ti indigni sei complice. Rigetto questo modo di argomentare. E' l'anticamera davvero del parossisismo, della perdita definitva della ragione. Io non mi indigno e non sono complice: è possibile questa terza posizione?

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  7. Tutte le posizioni sono possibilistiche...bisognerebbe però fare una distinzione fra Indignazione politica e Indignazione morale, la prima appartiene alla categoria "troviamo un nemico e viviamo per quello" la seconda,invece, alimenta l'impulso del cambiamento, della trasformazione, dell'azione. Molti amministratori, politici, Manager e pseudointellettuali hanno trovato un nuovo nemico: l'indignato. Solito giochetto.

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  8. La distinzione tra le due forme di indignazione mi va più che bene, anche se non so quale delle due sia la più "pericolosa". Dico solo che l'indignazione così come viene stigmatizzata da Battista (e che io condivido nella sostanza) non basta come categoria politica: anzi è il termometro del fallimento della politica. E' dunque una categoria post-politica, nel senso che viene anche cronologicamente dopo una volta fallita la politica. In sostanza: cosa farà più male a quelli di Wall Street: una pletora di bravuomini indignati pieni delle migliori intenzioni (c'era anche un monsignore anglicano) che bivaccano davanti allo Stock Exchange - Occupy Wall Street- o la sempre annunciata ma sempre rimandata riforma della finanza (quella che separa gli investimenti delle banche dai risparmi in essi depositati) di Barak Obama? Io non ho come nemico l'indignato, ne denuncio l'insufficienza e anche la dabbenaggine. Roberto alludeva alla miopia degli indignados spagnoli che hanno massacrato il governo Zapatero e si sono ritrovati Rajoy. Posso ricordare che in molti girotondini l'odio verso la sinistra parlamentare era superiore a quello da rivolgere verso la destra al potere?

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